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LA TERRA DEI FUOCHI, UN’EMERGENZA NAZIONALE

Istituire una Procura nazionale contro i reati ambientali

di Elia Fiorillo

“La pubblicazione di notizie e commenti non deve turbare la coscienza morale della collettività”. Così recita l’art. 6 della “dichiarazione comune dei  Giornalisti ed Editori italiani” del giugno 1957. Allora la televisione era agli albori ed il codice di comportamento non prevedeva casistiche specifiche per il mezzo televisivo. Allora non esistevano nemmeno le leggi sui pentiti. A vedere e sentire  in televisione Carmine Schiavone, assassino di cinquanta cristiani e mandante di duecento altri omicidi – come lui stesso afferma-, prima intervistato eppoi a confronto con mamme che hanno perso i loro figli a causa dei rifiuti tossici, la coscienza si turba. Schiavone, affiliato alla mafia a Milano nel 1974 da Luciano Liggio, nel 1993 si pente – a suo dire – proprio perché non condivide l’affare dei rifiuti tossici. Certo, il giornalista deve fare il proprio mestiere scovando le notizie, indagando, parlando anche con soggetti come Carmine Schiavone. Ma da qui a sparare in prima serata un personaggio del genere ne corre. Ci sono modi e modi di raccontare una storia. Scegliere il sensazionalismo, correndo il rischio di far passare un massacratore come un eroe positivo, è sbagliato, al di là delle presunte verità che il soggetto in questione, che ormai non ha niente più da perdere, può raccontare. E, comunque, le sue “verità” vanno verificate giornalisticamente al massimo possibile, proprio perché il “pentitismo” non trasforma un delinquente-assassino in galantuomo.

Duecentomila metri quadrati di rifiuti tossici, seppelliti in quattromila siti agricoli, sono un’enormità.  E i dati, in continuo aumento, relativi ai cosiddetti “tumori ambientali” fanno rabbrividire.  Ma non basta il decreto approvato ultimamente dal governo per far voltare pagina nella Terra dei fuochi. C’è bisogno d’altro. Ad esempio, garanzie serie sui tempi e sulle risorse relative alle bonifiche. Ed anche gare europee per gli appalti delle opere di bonifica ad evitare  che gl’inquinatori, o i loro sodali, possano diventare i salvatori della Patria: acquisire  cioè gli appalti per disinquinare. Più capitare anche  questo in certe zone dove le aggregazioni criminali sono ad alta intensità. E, soprattutto, c’è la necessità di campagne di prevenzione obbligatorie – a carico dello Stato – per i residenti di quelle disgraziate realtà territoriali.

Il 22 settembre 2011, nell’articolo dal titolo: “Gomorra, bufala mediatica?”, raccontavamo la storia dell’inchiesta denominata Cassiopea, sui rifiuti tossici in Campania, dove vennero prosciolti tutti i novantacinque rinviati a giudizio. Roberto Saviano, con il suo libro Gomorra, pubblicato nel 2006, romanzò fatti veri, prendendo spunto proprio dall’indagine Cassiopea, partita dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. Raccontavamo in quell’articolo del “sommo diritto”, trasformatosi in “somma ingiustizia”, fatta di giudici che dichiarano incompetenti altri giudici e quelli che dovevano essere competenti, dopo anni di studio delle carte processuali, si proclamavano a loro volta incompetenti, rimandando tutto al mittente, in un tragico giuoco dell’oca. Scrivevamo allora: “Non abbiamo rilevato, al di là delle associazioni ambientaliste, prese di posizioni forti da parte della politica nazionale. Non abbiamo notato richieste d’ispezioni ministeriali al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per capire dal di dentro cos’è veramente successo. Non sappiamo se il Consiglio Superiore della Magistratura interverrà per comprendere ed eventualmente punire. Speriamo che il Presidente della Repubblica, presidente del CSM, voglia sollecitare un chiarimento per evitare che situazioni del genere si possano ripetere”. Non ci sembra che d’allora sulla questione si sia fatta chiarezza. Quelle impunità sono una vergogna insopportabile per un Paese che si ritiene civile.

Dal 2002 al 2013 le inchieste per traffico di rifiuti – art. 260 Codice dell’Ambiente – nelle province di Napoli e Caserta, secondo i dati di Lagambiente, sono trentatré. Le persone denunciate quattrocentoquarantotto; le aziende coinvolte centosedici; le procure impegnate nelle indagini ben quattro: Napoli, Nola, S. Maria Capua Vetere, Torre Annunziata. Non sappiamo se nei dati di Legambiente sono compresi anche i novantacinque rinviati a giudizio, eppoi prosciolti, dell’inchiesta Cassiopea. Comunque, al di là dei novantacinque, restano ancora tanti gli indagati nelle varie investigazioni.

“Dividi et impera” è un motto significativo di Filippo il Macedone, che spesso ha funzionato, non solo in politica. Il rischio oggettivo è che difronte a tanti fronti – leggi inchieste – possano poi vincere i trafficanti di morte. Forse sarebbe il caso di un forte coordinamento tra i magistrati che si occupano d’inchieste sull’ambiente in Campania, ad evitare, appunto, che la “divisione” possa diventare un’arma vincente per i delinquenti. E siccome i reati ambientali, non solo in Campania, stanno crescendo di numero e diventando molto preoccupanti per la salute dei cittadini, probabilmente sarebbe il caso che nell’approvazione del del governo, del 3 dicembre 2013, da parte del Parlamento possa essere istituita una “Procura nazionale contro i reati ambientali”. La brutta storia dell’inquinamento ha bisogno di un potenziamento della repressione, ma anche della prevenzione, per rispetto di tutte le vittime senza nome di quei loschi traffici. Per rispetto di quei soggetti, soprattutto bambini,  che con molta probabilità non capiranno mai da dove sono arrivati i devastanti danni alla loro salute.

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