18 Aprile 2024

La terza Repubblica e il governo del cambiamento di Elia Fiorillo
E alla fine la terza Repubblica, con il governo del cambiamento, è nata. Lega e M5Stelle, tra la voglia di tornare al voto e preoccupazioni varie per la mancata occupazione di Palazzo Chigi, ha prevalso l’opportunità-necessità di andare a governare. Fino all’ultimo Salvini ci ha provato a ritornare alle urne, convinto com’era che il momento era dei più propizi per la sua Lega. Altro che il 17 per cento e il sorpasso sul Cavaliere. Lui, il Matteo ex padano, era sicuro di poter “scassare” ben altri tabù elettorali, con una sinistra divisa in tanti rivoletti, sempre pronta a litigare per i motivi più futili. 

Il pretesto per votare era il “no” di Mattarella al prof. Paolo Savona al ministero dell’Economia. Prima, il “conducator”  leghista era stato spalleggiato da Luigino Di Maio, con annunciati  “impeachment” al capo dello Stato e manifestazioni di piazza il giorno della festa della Repubblica. Poi, qualcuno ha fatto ragionare  Gigino su come l’amico, compagno, fratello, ecc. lo stesse prendendo per i fondelli e, allora, cambio di rotta: andiamo a Palazzo Chigi a cambiare il Paese! Anche perché il ritorno al voto, come i sondaggi suggerivano, non era proprio propizio ai grillini. Che poteva fare Salvini, insistere su Savona? Troppo pericoloso uno strappo con Di Maio e company e, allora, via al governo del cambiamento, alla terza Repubblica e chi più ne ha, più ne metta.

Alla manifestazione del 2 giugno a Roma, alla Bocca della Verità, che in un primo tempo doveva essere contro il presidente Mattarella, e che poi si è trasformata in “festa del governo del cambiamento”, Beppe Grillo dice le sue di verità. “Guardando i ministri ho avuto un attimo di scompenso. Alcuni non li conosco, quello della Cultura l’ho scambiato per uno della sicurity”. E, ancora, scherzando ma non troppo: “Mi candido per diventare presidente della Repubblica. Così, tanto per togliermi la soddisfazione di veder arrivare Di Maio e dargli due schiaffi”. Per l’invocato impeachment di Gigino a Mattarella? Il Beppe pare non  abbia mai condiviso la posizione del suo “ragazzo” e dal palco, tra l’altro, afferma: “Girate gli striscioni: da abbasso Mattarella a viva Mattarela”.

Una cosa è la campagna elettorale, un’altra è dover governare il Paese. Con molta probabilità se ne sono già accorti sia Salvini che Di Maio. Senza perdere un attimo di tempo, dopo aver giurato al Colle, sono corsi ai rispettivi dicasteri a “ragionare” con le varie burocrazie ministeriali per dare immediatamente i segni palesi del cambiamento. Lavoro a tutti, imprenditori compresi, ovvero “ci mettiamo al lavoro per creare lavoro”, è il leat motiv che il super ministro Di Maio va ripetendo. Come suo primo atto da responsabile dello Sviluppo Economico ha nominato, come suo consulente, l’imprenditore Bramini fallito pur dovendo riscuotere dallo Stato ben quattro milioni di euro.

Troppi gli emigrati da sfamare: ridurre, ridurre, ridurre. “Per gli immigrati clandestini è finita la pacchia”. Salvini lo grida da ministro ai suoi collaboratori e, ancora: “Basta impunità a chi attacca le forze dell’ordine”. Dalla burocrazia ministeriale vorrebbe,   probabilmente, risposte operative ai suoi convincimenti. Nel frattempo non si ferma un attimo, vola da ministro a Pozzallo, punto d’arrivo di tanti emigrati, nella sua eterna campagna elettorale.

Chi quatto quatto sta facendo il suo mestiere di presidente del Consiglio è il prof. Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo italiano, come lui si definisce. Impegni di governo lo portano a confrontarsi con le Cancellerie europee e non solo. Questa settimana, tra l’altro, illustrerà alle Camere il suo programma e parteciperà al G7 in Canada. Già ha annunciato un “giro d’Italia” nei luoghi del degrado. Se il duo vincente s’illudeva di tenerlo sotto controllo si sbagliava di grosso. Un semplice esecutore del contratto di governo? Sulla carta questo doveva fare. Ma in pratica sarà il personaggio, per il ruolo che ricopre, ma anche per la sua personalità, che farà “inca…volare” i capi contrattisti. E ai voglia a tirargli la giacca per ricordargli che lui è  il responsabile dell’esecutivo, che però deve “eseguire” gli ordini dei sovrani sottoscrittori del contratto di governo. Potrebbe essere proprio la voglia di autonomia del presidente Conte, fra qualche tempo, a mettere in crisi il governo. Comunque, speriamo per il bene del Paese che l’esecutivo appena nato sappia governare.

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