Il Mezzogiorno Info

Mario Gelardi riadatta Splendid’s di Jean Genet del’77 che diventa Hotel Splendid, per il debutto al Nuovo Teatro Sanità fino all’8 dicembre 2013.

di Anita Laudando

Semplice ed efficace la scenografia di Flaviano Barbarisi, belli i colori sulla scena,

Hotel splendid, Luino Piscopo
Hotel splendid, Luino Piscopo

pulita la regia di Vincenzo Pirozzi. La produzione Nuovo Teatro Sanità in collaborazione con radio CRC ha osato. Come fossero fumetti, Antonio Agerola, Raffaele Ausiello, Ivan Boragine, Mario Di Fonzo e Ciro Esposito, raccontano una storia come tante negli anni di piombo. Paradossale ma attuale, trasportarla nel tempo e nello spazio. Siamo a Napoli, e cinque rapinatori cercano “il coraggio di essere vili”. Hanno ucciso un’americana, creduto ad uno sbirro, tradito i loro ideali e perso la speranza. “Ti senti più fascista o comunista? A me non me ne importa proprio!”. L’indefinito del pensiero si snoda in una trama semplice, con mezzi funzionali. Ci si affeziona al Pierrot di Antonio Agerola, che interpreta le molte sfumature di un bandito che si sente donna, e forse proprio per questo risulta essere il più coraggioso tra tutti. Senza cadere in facili cliché, il corpo lo segue, l’anima si estende sulla scena. Qualche personaggio evolve, qualcuno resta sempre uguale. Non è sempre chiaro quale sia la scelta attoriale e-o registica. Il testo contiene promesse e premesse non portate fino in fondo. Rino (Raffaele Ausiello), e Pierrot, finiscono col prevalere nei ritmi, nei sentimenti, nella presenza scenica. Diventando i protagonisti fra le dinamiche relazionali di chi annuncia di voler “vivere fino in fondo una avventura che è irrimediabile”. Tra un effetto scenico e un richiamo storico, ogni attore resta un bravo attore, ma un mondo a se. L’energia non è, ancora, sedimentata in un afflato relazionale compatto. Il sudore non ha, per ora, bagnato la scena, non abbastanza per una banda che sta “perdendo lucidità”. Forse colpa delle troppe potenzialità di un testo di Genet, forse per il troppo spessore dei personaggi per attori così giovani.

 

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