19 Aprile 2024

Quando ragazzo facevo il fotografo per il giornale il Roma – di Elia Fiorillo
Lo stare chiusi in casa qualche cosa di positivo lo porta: i ricordi. Mentre sei seduto in poltrona ti passano davanti agli occhi mille storie di cui sei stato protagonista o spettatore. Stai guardando la televisione già da parecchio tempo e qualche immagine ti fa ritornare al passato.
Mi rivedo dodicenne, o giù di lì, mentre mio nonno Oreste, sulla soglia del negozio di chincaglierie di mia madre, mi mostra una lettera arrivata poco prima. Non capisco di cosa si tratta. Lui mi spiega che è una missiva inviatami dal giornale “Roma” di Napoli. Mi consegna la lettera che non ha aperto.
Prima di continuare nel racconto voglio fare una piccola parentesi. Mio nonno, che mi ha fatto da padre, avendo io perso il papà alla tenera età di due anni, era un lettore accanito del “Roma”. Ricordo che lo portava sempre piegato nella tasca destra della giacca. Allora il giornale aveva tendenze monarchiche, ma non credo che mio nonno, ex maresciallo di marina, lo fosse.
All’epoca ero un grande appassionato di fotografia, passione che mi ha accompagnato per tutta la vita. Ero riuscito a farmi regalare una rudimentale macchina fotografica “Ferrania”. Una vera e propria scatola, con un occhio di vetro. Con quella macchinetta avevo fatto tante foto tra cui una a due pescatori che, seduti su due grosse ceste, pescavano con lunghe canne. Mi venne l’idea d’inviare la foto al giornale Roma sperando che la pubblicasse.
La lettera che mi era pervenuta parlava proprio di quella fotografia. Era firmata dal segretario di redazione, il professore Vittorio Como. Mi comunicava che la foto sarebbe stata pubblicata con la firma dell’autore: “Foto Fiorillo”. Ma, non mi dovevo aspettare altro. 
Niente compensi. Comunque, avrebbero pubblicato altre mie foto se ritenute interessanti. Per me – ma anche per mio nonno – fu una grande soddisfazione. Collaborare a dodici anni, come fotografo, per un quotidiano non era da tutti. Continuai ad inviare fotografie della realtà in cui vivevo, Torre Annunziata, in provincia di Napoli – famosa un tempo per i suoi pastifici -, che puntualmente apparivano sul giornale.
Era pomeriggio inoltrato quando mia madre mi chiamò per comunicarmi che c’era un certo Aldo Agrillo che mi voleva parlare. Non conoscevo chi fosse questa persona. Mi avvicinai al signore, che mia madre aveva fatto accomodare in sala da pranzo, e immediatamente mi colpì lo stupore che si era manifestato sul suo volto. 
“Ma sei tu Elia Fiorillo?”, mi chiese sempre più sconcertato. Gli risposi che ero proprio io. Subito lui mi domandò se il prof. Como conoscesse la mia età: “a proposito, quanti anni hai?”, aggiunse. Gli risposi che il due di gennaio avevo compiuto dodici anni. 
E, precisai, che il segretario di redazione del giornale, che io non avevo mai incontrato, non conosceva la mia data di nascita. 

Mia madre guardava tutta la scena sempre più preoccupata. Aveva il terrore che il suo “figlio unico” si fosse messo nei guai seri. Fu il giornalista Agrillo a calmarla. Le disse che non c’era alcun problema. Che l’età non contava. Quello che contava era la qualità delle foto. Poi, con mia grande soddisfazione, precisò che se mia madre fosse stata d’accordo io potevo continuare ad inviare foto al giornale.
Continuai a spedire foto della mia città al Roma che puntualmente venivano pubblicate con la solita firma: “Foto Fiorillo”. Devo dire che il corrispondente di Torre Annunziata si affezionò al sottoscritto e spesso, nei giorni festivi, veniva a chiamarmi per andare insieme a passeggiare per la città in cerca di qualcosa da fotografare. Ricordo un giorno che per combinazione c’incontrammo alla Standa, dove io andavo spesso più per curiosare che per acquistare qualche cosa. Lui era lì per un motivo ben preciso: era fidanzato con una bionda molto bella che era commessa di quel negozio.
La collaborazione fotografica con il giornale finì dopo qualche tempo. Il rapporto con Aldo continuò sempre. Così cominciò la mia carriera giornalistica che, grazie anche all’indimenticabile “pubblicista” Mimmo Castellano, mi ha fatto toccare mete impensabili: consigliere dell’Ordine nazionale dei giornalisti, probiviro eppoi consigliere nazionale del Sindacato dei giornalisti e via dicendo.
L’unico mio rammarico, pur avendo sempre scritto su giornali e riviste, rimane quello di non aver fatto a tempo pieno questa professione. Ma, forse, ho avuto più libertà nello scrivere.

Quando ragazzo facevo il fotografo per il giornale il Roma

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