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Renzi, Berlusconi, Grillo e la voglia di vittoria

a cura di Elia Fiorillo Tre compagni – si fa per dire – di ventura, accumunati dalla preoccupazione che da qui a poco per loro potrebbe succedere l’irreparabile. Parliamo di politica, di tre leader che provano a contendersi la leadership del Paese. Ci riferiamo a Matteo Renzi, “il Rottamatore”, a Beppe Grillo, “il Garante” e a Silvio Berlusconi, “Sua Emittenza”.

Tanto lontani tra loro in fatto di politica, della sua gestione, ma così vicini in questo momento per quanto concerne i guai che essa, la politica, può portare a chi la guida. Partiamo dal principe dei “vaffa”. Dopo la vittoria del “suo” Movimento nella Roma che fu prima di Alemanno eppoi di Marino, era sicuro che la corsa per conquistare Palazzo Chigi fosse cominciata, anzi già pensava di essere a metà strada. A differenza degli altri partiti i suoi Pentastellati, oltre a rappresentare “il nuovo che avanza”, non avevano scheletri negli armadi e, soprattutto, erano la vera alternativa ad un sistema di potere dove, a loro avviso, le clientele sono alla base di tutto e dove i “cittadini” con le loro esigenze sono, a dir poco, ignorati. Una cosa però è stare all’opposizione e fare proclami tranchant, un’altra è gestire la “polis”.

Roma per Grillo ed i suoi sta diventando la fine di un sogno e lui, il Garante, non sa come uscirne. No, non potrà abbandonare Virginia Raggi come ha fatto con altri sindaci. Dovrà provare in tutti i modi a raddrizzar la barca se no i “vaffa” stavolta arriveranno a lui ed al suo Movimento. Silvio Berlusconi ha trascorso una vacanza non troppo serena a Villa Certosa. Non solo per i problemi riabilitativi, ma anche per la “carta” Stefano Parisi giocata per tentare la rifondazione di Forza Italia. L’ex Cav. sapeva che la scelta dell’ex direttore di Confindustria malumori ne avrebbe creati, specialmente in chi sperava di prendere proprio l’eredità del padre fondatore. Comunque, era convinto che poi tutto sarebbe filato liscio, come in tante altre occasioni. Ma stavolta non è andata così. A partire dal suo ex consigliere politico Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, le critiche alla scelta berlusconiana si ripetono quasi ogni giorno, ad ogni presa di posizione di Parisi. C’è chi sostiene che Berlusconi abbia telefonato ai personaggi più significativi di Forza Italia per farli disertare la convention del 16 e 17 settembre.

Il motivo è, a detta dei bene informati, che l’evento deve attrarre forze nuove della società civile. Le vecchie facce comprometterebbero il disegno di rinnovamento. Telefonate o non telefonate l’ex inquilino di Palazzo Chigi sa
bene che se dovesse fallire la “rinascita“ di Parisi sarebbero botte da orbi per lui e la sua creatura. E il primo a darle le batoste sarebbe quel Matteo Salvini che per il momento si limita a borbottare, pronto a indossare una maglietta con l’immagine di Silvio da Arcore su cui capeggia la scritta: “Berluskàz caput”. Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Pd, prova in tutti i modi a non dar da vedere che anche lui di problemi ne ha ad iosa. Alla festa dell’Unità a Catania sferra un duro attacco a Massimo D’alema definendolo “esperto di passato” e continua affermando che “alcuni leader del passato vorrebbero fregarci il futuro con risse interne quotidiane. Ma non ci faremo trascinare nella guerra del fango delle correnti”.

Si può ben immaginare come l’hanno presa i compagni della sinistra democrat. E’ vero che Renzi ha decisamente aperto sulla riforma della legge elettorale, ma l’apertura non significa un accordo su come modificare l’Italicum. Anzi, pare proprio l’incontrario. Il messaggio del segretario del Pd è rivolto più all’esterno che all’interno del suo partito. Comunque, le preoccupazioni per lui restano su come andrà a finire il voto sul Referendum costituzionale. Matteo Renzi non s’illude che se dovesse perdere tutto rimarrebbe come prima. Ed è per questo che niente lascia d’intentato per vincere. Non è un caso che sulla vicenda Roma prova a difendere Virginia Raggi, facendo un distinguo tra lei ed i suoi compagni grillini. Il muro contro muro in questo momento non serve. In atto c’è la lotta per la sopravvivenza e anche un voto in più può fare la differenza. Solo un po’ di giorni ancora e sapremo chi del trio avrà vinto.

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