Tra gli spettacoli che più ha colpito il pubblico in questi ultimissimi anni c’è “Stoccolma”, diretto da Maria Verde, che prende il titolo dall’omonima sindrome. Il protagonista Antonio De Rose, tra gli attori più illustri della sua generazione, ce ne parla prima di un nuovo allestimento, che lo vedrà in scena col giovanissimo Vincenzo Vecchione.
“Stoccolma”, finalista al prestigioso Premio Annoni, è un testo scritto da Antonio Mocciola, come é nata la vostra collaborazione?
Antonio ed io, siamo amici al di fuori del teatro. Spesso ci scambiamo idee, opinioni sui testi che scriviamo. Tutto nacque da una sua telefonata, dove mi parlò di questo testo, facendo capire che volesse farlo interpretare a me, che avesse pensato, a me. Ne fui contento, per onestà intellettuale, è una cosa molto importante, che un altro autore, pensi a te, attore. Era titubante al telefono, e chiesi, cosa lo trattenesse dal dire, e confessò la totale nudità del personaggio e la paura del mio no, vista la mia carriera. Lo fermai e gli chiesi di inviarmi subito il testo, per capire bene la storia, il tutto. Lo analizzai attentamente con la collaborazione di Maria Verde, regista di cinema, che con un attento studio a tavolino, trasse il meglio della psicologia da quelle parole e situazioni scritte, e poi, ne fece la regia.
Lo spettacolo affronta, tra gli altri, il tema della solitudine e della manipolazione psicologica. E’ stato difficile entrare in questo “mood”? Tu ti sei mai sentito solo o “usato”?
Potrei dire “si è sempre soli con sé stessi…”, è la parte migliore della nostra vita.
Lo spettacolo ti ha visto in scena a Napoli ea Roma, in spazi molto intimi. E’ stato difficile recitare per un’ora, completamente nudo, col pubblico che si trova a un centimetro dal tuo corpo, dalla tua voce?
No, non è stato difficile. Sono un attore con quarant’anni di carriera, il mio corpo è strumento vivo nelle mani della parola, delle azioni del personaggio, e nella direzione registica. Non penso da Antonio, in scena, sono invaso dallo spazio che il personaggio ha rapito, costruito dentro me.
Il fatto che il tuo compagno di scena, Simone Sabia, fosse invece sempre completamente vestito (tranne nel finale) ha acuito il tuo disagio, o ha reso ancora più potente la tua nudità?
Questo spettacolo ha avuto già due edizioni, la prima con Michele Capone e una seconda con Antonio Ciorfito, due attor giovani, diversi tra loro, ma di buonissima tempra artistica, e ne avrà una terza, con un giovanissimo Vincenzo Vecchione. Credo che abbia reso e renderà, sempre più potente, l’immagine della mia nudità.
Una domanda che può essere utile agli attori che si stanno approcciando ora al mestiere: Che tipo di lavoro tecnico e psicologico hai fatto per superare l’imbarazzo di un’esperienza del genere? La consigliesti ad attori che magari sono un disagio col proprio corpo? Puoi descriverci la sensazione che hai provato quando nei primi secondi, la prima volta, ti sei trovato, da solo, nudo davanti al pubblico? Percepivi il pubblico o sei riuscito ad astrarti? E’ cambiato il rapporto col tuo corpo dopo questa esperienza che di solito si vive in privato e che nel tuo caso è stata pubblica?
C’è stato un grande studio, come dicevo prima, già a tavolino, è stata pesata, soppesata ogni parola, perchè ogni parola è un’azione, per poi “fare spazio dentro me, dove ha trovato posto Federico, il prof”, come dagli insegnamenti avuti alla Silvio d’Amico. Consigliarlo, non so. E’ una scelta che valuta chi si trova davanti a parole e situazioni del genere, il mio corpo d’attore è uno strumento, non appartiene alla mia vita reale. Non ho provato una sensazione esteriore, col pubblico, ero “Federico”…Ho un ottimo rapporto col mio corpo, e per questo ho facilità a modellarlo nel mio lavoro.
Checché se ne dica, uno spettacolo di nudo integrale (di cui Antonio Mocciola è uno dei capostipiti, ottenendo numerosi riconoscimenti) non lascia mai indifferenti: prima di approcciarti a questo tipo di allestimento, hai avuto perplessità? Da pubblico hai visto mai esperimenti del genere, e avresti mai pensato di esserne un giorno protagonista?
Non ho avuto perplessità. Davanti ad un testo, parto sempre con l’intenzione di snocciolarlo interamente, avere gli elementi giusti per lavorare, poi, la messa in scena mi dirà, o mi darà ragione. Nel caso di Stoccolma, le cito un passaggio della recensione di un giornalista che lo vide a Roma: …De Rosa è sublime, con la sua esperienza attoriale, da indossare il suo nudo totale, e farlo diventare un abito! Si, ne avevo già visti, e Mocciola si era fatto forte della mia conoscenza avanguardistica, e con il coraggio che lo contraddistingue, me lo propose. Oggi possiamo dire ch’è un ottimo sposalizio, con una squadra ben attrezzata: le sue parole, la mia recitazione e la regia di Maria Verde.