19 Aprile 2024

La cabina di regia che si terrà oggi in prefettura, annunciata come decisiva per il futuro di Bagnoli, ripresenta in realtà uno schema già visto. Nel chiuso di una stanza il presidente del consiglio incontrerà il commissario Nastasi e le autorità locali per pianificare in merito alle nuove bonifiche e alla riqualificazione dell’area.

Si fanno anche i nomi di grossi investitori americani: Apple, Cisco, si arriva a pensare ai giganti Google e Amazon. Bene che finalmente il governo si interessi di Napoli, che voglia scommettere su Bagnoli per un suo rilancio. Male però che lo faccia attraverso un metodo vecchissimo, statalista e partitocratico, dove si esclude completamente il piano locale nelle scelte di governo del territorio. Ancora una volta si sceglie la strada del commissariamento, gestione centralizzata che nella storia ha favorito più la corruzione che il buongoverno. Per quanto tesi siano i rapporti con l’amministrazione comunale di Luigi De Magistris, egli resta la figura istituzionale democraticamente eletta che di certo non può essere esclusa dalle scelte strategiche di rilancio urbano che si vanno delineando. Senza coinvolgere il locale, i grandi progetti decisi a tavolino da burocrati romani (o forse con accento toscano, diremmo oggi) promettono solo insuccessi, mentre il rischio corruzione aumenta. E per coinvolgere il locale, lo strumento del referendum è il metodo giusto per favorire trasparenza ed efficacia, rendendo partecipi i cittadini del dibattito economico e amministrativo, informandoli sulla qualità delle proposte in campo e dando loro la possibilità di scegliere.

Sarebbe allora il caso che l’attuale Sindaco passasse dalle parole ai fatti, e invece di limitarsi a criticare un governo che gli sottrae margini di manovra, adottasse la proposta di un referendum su Bagnoli come alternativa al metodo di gestione che ci viene propinato. Lo strumento del referendum consultivo è già possibile a normativa vigente, seppure le regole per attivarlo siano assolutamente proibitive, dalla soglia esorbitante di firme da raccogliere, alla pratica obsoleta dell’obbligo di autenticatori, che rende di fatto il referendum un’arma disponibile per le sole forze politiche che dispongono di grossi apparati o di qualche amicizia tra i dipendenti comunali, forze politiche tra le quali certamente non figurano i Radicali. Un Sindaco, invece, avrebbe probabilmente la forza di attivare quest’arma. O meglio ancora, come gli chiediamo noi Radicali senza finora aver ottenuto risposta, potrebbe riformare gli strumenti di democrazia diretta dando un valore vincolante al referendum, nella prospettiva che, a partire dalla questione Bagnoli, la parola data ai cittadini possa avere un peso veramente decisivo per le scelte cruciali sul futuro della città. Il metodo democratico e referendario come alternativa al centralismo dirigista è una strada ancora percorribile, serve solo la volontà politica di farlo.

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