Coronavirus; solo certezza e informazioni complete

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Negli ultimi giorni c’è una strana sensazione, come se le notizie non arrivassero più nella loro completezza, come se un senso di spaesamento stesse coinvolgendo le istituzioni ad ogni livello. “Il numero di morti aumenta, si tratta prevalentemente di soggetti già affetti da problemi respiratori”… che valenza dare alla parola “prevalentemente”?

A cura di Mattia Fumo

In Campania sono state chiuse scuole e università quando i casi di contagio accertati erano appena due, per poi essere riaperte dopo pochi giorni e dopo un aumento di quei casi, senza più alcun tipo di precauzione, senza alcun tipo di logica. Un controsenso che mostra la disorganizzazione e l’ incoerenza che caratterizzano la nostra amministrazione, o semplicemente il menefreghismo verso il virus… “Ammalatevi, tanto è come l’ influenza”, è come se ci stessero dicendo.

Magari… se fosse così perché chiuderle quelle scuole? Perché parlare 24/24 di Coronavirus? Perché farne una questione di interesse mondiale?

La verità è che nessuno sa con chiarezza cosa fare, c’è grande incertezza…

Forse per la diversa mortalità che sembra avere il virus nel nostro Paese, dove i decessi riguardano (pare, ma ormai nulla è certo, e del resto il paziente 1 era in ottima salute) solo anziani con patologie pregresse, al sud si ritiene giusto andare avanti come se nulla fosse, senza alcun tipo di misure straordinarie nelle zone che non costituiscono epicentro della diffusione.

La soluzione però sarebbe stata semplice: una quarantena obbligatoria per tutti, 15 giorni a casa per tutti gli italiani, il blocco di ogni attività, con eccezione magari delle sole regioni ancora non toccate. Ma non si farà, perché non si preferisce prevenire a curare, o forse perché è l’ economia a farla da padrona. Fermare tutto significherebbe fermare la produttività del Paese, in un mondo dove i poteri politici sono ormai assoggettati alle leggi del mercato e della finanza.

Ma siamo sicuri che così facendo, alimentando incertezza e disorientamento nei cittadini, la produzione non cali, fili tutto liscio e il contagio non aumenti in maniera da colpire grandi fette della popolazione anche nel meridione? Siamo sicuri che rinunciare a 15 giorni certi di produttività sia peggio che vivere più a lungo in un clima surreale, nel quale ognuno si autolimita arbitrariamente o non si limita affatto, comportando la (certa anch’ essa) espansione del virus? Le tanto care conseguenze sull’ economia potrebbero essere ancora peggiori.

Così anche le partite che vengono rinviate, invece di essere giocate a porte chiuse, sono un esempio di questa totale sottomissione alla regola del profitto, tra l’ altro insensata, visto che non sarà materialmente possibile recuperarle tutte nel mese di maggio.

Sono incapace di cogliere una logica nelle scelte delle istituzioni, e prima ancora di condividere la loro gerarchia di interessi.

Pure adottando la misura di cui sopra, che ad un certo punto potrebbe diventare l’ unica via, sorgerebbe però un altro problema: far rispettare la quarantena. Come si fa? Ci vorrebbe una buona dose di civiltà per privarsi della libertà in vista di una finalità generale, civiltà che a molti italiani, ahimè, manca. Ed allora occorrerebbe una sorveglianza militare per le strade delle città, ma servirebbero troppe unità e non sono disponibili.

Forse questo i politici lo immaginano già e tergiversano nell’ attuare misure restrittive di più ampio respiro. Penso a Napoli, città stupenda ma che per la quantità di feccia umana che ospita, individui ciechi verso ogni tipo di interesse che non sia il proprio, andrebbe militarizzata perennemente. In pochi rispetterebbero un ordine del genere, ed anzi sono sicuro che pure chi si è sentito poco bene non esiterebbe ad uscire di casa e riprendere subito le sue attività quotidiane una volta migliorate le sue condizioni.

La soluzione che sembrava l’ unica possibile dunque si dissolve, e noi fermi, sospesi in questo surrealismo.

I cinesi sono riusciti a fronteggiare il virus con misure drastiche e grande compattezza sociale, essendosi trovati a combatterlo quando il contagio aveva già assunto una dimensione ingente e non si sapeva ancora nulla a livello scientifico. Il loro regime politico limitativo della libertà di espressione ha fatto emergere in ritardo la gravità della situazione, ma, ciononostante, pian piano ne stanno uscendo.

Noi invece, che già conoscevamo perfettamente la situazione cinese, ancora non capiamo cosa fare, con l’ aggravamento del problema come logica conseguenza. L’ approssimazione e la disomogeneità regnano in Italia, democrazia del disordine.

Ancora una volta, una questione politica si riduce semplicemente ad una questione di civiltà, di valori civici.

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