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GIUSEPPE BRANDI, UN VERLAINE FRAGILE

Dopo aver emozionato il pubblico di Caserta e Napoli, Giuseppe Brandi riporta in scena a metà marzo il suo Paul Verlaine, disegnato letteralmente sul suo corpo da Antonio Mocciola. Abbiamo incontrato l’attore e musicista partenopeo per una breve intervista

“Ero Verlaine” ha avuto l’onore e l’onere di inaugurare una trilogia che approderà al Teatro Tram a Marzo. Verlaine era un personaggio complesso, controverso. Cosa conoscevi di lui prima di interpretarlo? Ed ora che lo hai fatto, che rapporto hai con la sua figura?

Conoscevo Verlaine in forma di “figura storica”, di poeta e di amante di Rimbaud; ma non ho mai approfondito né le sue poesie, né la sua vita privata, personale.
Fare questo monologo mi ha dato l’opportunità di poter conoscere meglio l’artista e l’uomo, verso cui provo oggi un enorme senso di ammirazione, sia per il lato artistico sia per l’enorme coraggio che ha avuto nelle sue scelte di vita.

Lo spettacolo affronta, tra gli altri, il tema della solitudine e della manipolazione psicologica. E’ stato difficile entrare in questo “mood”? Tu ti sei mai sentito solo o “usato”?

Fare un monologo implica essere soli in scena, anche se in fondo non lo si è mai per davvero, quindi questo ha facilitato l’immersione nella solitudine.Per quanto abbia preso scelte difficili nella mia vita, ho avuto la fortuna di avere sempre qualcuno che mi sostenesse. Su questo piano, posso ritenermi fortunato.

Hai esordito a Caserta, in un piccolo teatro. Di seguito lo spettacolo é approdato a Napoli, in uno spazio ancora più intimo, Salotto Gloeden. E’ stato ancora  più difficile recitare per un’ora, da solo e completamente nudo, col pubblico che si trova a un centimetro dal tuo corpo, dalla tua voce?

È stato diverso certamente. Non c’era la camera a tre pareti, a proteggermi; né le luci che creano quell’ideale muro di separazione che c’è tra l’attore e il pubblico.
Di sicuro è stata un’esperienza positiva che porto con me ancora oggi.

Una domanda che può essere utile agli attori che si stanno approcciando ora al mestiere: Che tipo di lavoro tecnico e psicologico hai fatto per superare l’imbarazzo di un’esperienza del genere? La consigliesti ad attori che magari sono un disagio col proprio corpo? Puoi descriverci la sensazione che hai provato quando nei primi secondi, la prima volta, ti sei trovato, da solo, nudo davanti al pubblico? Percepivi il pubblico o sei riuscito ad astrarti? E’ cambiato il rapporto col tuo corpo dopo questa esperienza che di solito si vive in privato e che nel tuo caso è stata pubblica?

Penso che ognuno sappia cosa è meglio per lui.Pertanto, se uno sente di voler affrontare uno spettacolo col nudo di scena, lo consiglio caldamente.Recitare senza abiti, ti aiuta di certo a trovare emozioni o più semplicemente sensazioni in maniera diversa.La prima volta ero tesissimo, non sapevo cosa aspettarmi, ma tolti gli abiti: tutta la tensione si è paradossalmente sciolta in energia positiva per lo spettacolo.Il rapporto col mio corpo è migliorato, di certo; anche grazie al nudo di scena.È anche vero che cerco di creare una separazione tra il me privato e quello che sale sul palco.

Checché se ne dica, uno spettacolo di nudo integrale (di cui Antonio Mocciola è uno dei capostipiti, ottenendo numerosi riconoscimenti) non lascia mai indifferenti: prima di approcciarti a questo tipo di allestimento, hai avuto perplessità? Da pubblico hai visto mai esperimenti del genere, e avresti mai pensato di esserne un giorno protagonista?

Ero alle prime armi, quando Antonio mi propose di interpretare uno spettacolo col nudo di scena, ed ebbi molto più di una perplessità. Ma mi sono fidato, e i risultati che ne sono derivati in questi anni sono stati più che positivi: sia in termini di resa scenica che di soddisfazione personale.

 

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