Pronto a tornare in scena per ripresentare “Damnatio”, Massimo Leonardo Villucci ce ne parla con entusiasmo e piglio, rivelando un vero animo d’artista. E’ anche l’occasione per parlare di teatro e disinibizione, e del ruolo dell’attore.

“Damnatio” è un testo scritto e diretto da Antonio Mocciola, come é nata la vostra collaborazione?

Ho avuto il piacere di incontrare Antonio Mocciola ad un suo spettacolo: “Cartoline da casa mia”. E’ stato

un colpo di fulmine e ci siamo piaciuti subito. Mi ha parlato e proposto di partecipare ad un suo progetto. A

distanza di poco ho risposto regalandogli dei confetti. Il motivo di questo bizzarro regalo era legato al fatto

che per lui le collaborazioni con gli attori sono come dei “matrimoni artistici”.

Lo spettacolo affronta, tra gli altri, il tema della solitudine e del plagio. E’ stato difficile entrare in questo “mood”? Tu ti sei mai sentito solo, o usato?

In questo spettacolo sono allo stesso tempo sia il carnefice che una vittima. Ruoli che nella vita mi è

capitato di vivere in prima persona sia nel privato che nell’ambito professionale. Pertanto, i temi della

solitudine e dell’essere usato mi sono risuonati ed il rievocarli mi ha permesso di usufruirne per il ruolo di

don Filippo.

Lo spettacolo ti ha visto in scena a Milano in uno spazio molto intimo. E’ stato difficile recitare per un’ora, completamente nudo, col pubblico che si trova a un centimetro dal tuo corpo, dalla tua voce? 

Abbiamo debuttato a Milano allo spazio ADADS, un luogo molto funzionale per il tipo di spettacolo in

quanto il pubblico è parte integrante della storia e c’è bisogno di questa vicinanza con i personaggi di

“Damnatio”. Non avevo mai recitato completamente nudo e non avevo idea dell’effetto che mi potesse

fare. Ho sempre avuto un buon rapporto con il mio corpo anche se all’inizio ero preoccupato. Appena il

pubblico è entrato mi sono dimenticato della nudità dando spazio al personaggio.

Il fatto che il tuo compagno di scena, Samuele Valenti, fosse invece sempre completamente

vestito (tranne all’inizio e nel finale) ha acuito il tuo disagio, o ha reso ancora più potente la tua

nudità?

La condizione del mio partner di scena non ha influenzato e non ha amplificato il mio disagio in merito alla

mia nudità. Queste due condizioni sono scelte drammaturgiche che abbiamo concordato insieme al regista

e che abbiamo reputato funzionali alla scena.

Una domanda che può essere utile agli attori che si stanno approcciando ora al mestiere: Che tipo di lavoro tecnico e psicologico hai fatto per superare l’imbarazzo di un’esperienza del genere? La consiglieresti ad attori che magari sono un disagio col proprio corpo? Puoi descriverci la sensazione che hai provato quando nei primi secondi, la prima volta, ti sei trovato nudo davanti al pubblico? Percepivi il pubblico o sei riuscito ad astrarti? E’ cambiato il rapporto col tuo corpo dopo questa esperienza che di solito si vive in privato e che nel tuo caso è stata pubblica?

Penso che ogni artista debba decidere di provare qualsiasi esperienza che lo faccia sentire a suo agio

soprattutto in contesti di nudità. Per me è stata un’esperienza forte ed il pubblico, seppur vicino, era parte

integrante dello spettacolo e l’ho usato per catapultarmi totalmente nella storia. Non ho utilizzato alcuna

tecnica di preparazione. Prima di iniziare le prove ho partecipato ad un seminario sull’utilizzo del corpo

nudo in scena per vedere come potevo reagire di fronte ad altre persone. E’ andato molto bene in quanto il

contesto è stato molto rispettoso da parte di tutti i partecipanti. Questa esperienza la ripeterei altre volte

purché l’utilizzo del nudo in scena non sia gratuito come è avvenuto in “Damnatio”.

Checché se ne dica, uno spettacolo di nudo integrale (di cui Antonio Mocciola è uno dei capostipiti,

ottenendo numerosi riconoscimenti) non lascia mai indifferenti: prima di approcciarti a questo tipo di

allestimento, hai avuto perplessità? Da pubblico hai visto mai esperimenti del genere, e avresti mai pensato di esserne un giorno protagonista?

Antonio Mocciola è un grande professionista, ti mette a tuo agio e crede molto in quello che scrive. Mi ha

colpito molto. Quando ho ricevuto il testo me ne sono innamorato e allo stesso tempo spaventato in

quanto non sapevo se sarei riuscito in questo progetto. Mi reputo quindi fortunato ad averlo incontrato e

soddisfatto di averne preso parte.

In passato avevo già visto spettacoli di questo genere e non avrei mai pensato che qualcuno me lo avrebbe

chiesto. Gli imprevisti sono sempre belli e mi auguro che se ne possano presentare presto di nuovi.

 

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