Largo Baracche. Firme per opera GÈMINUS di di Luggo da rendere permanente
Napoli Eden di Annalaura di Luggo è il site-specific diffuso realizzato in quattro piazze della città di Napoli, che con le quattro grandi installazioni (Trìunphus – Piazza Municipio, Pỳramid – Galleria Umberto I, Gèminus – Largo Baracche, Harmònia – Largo Santa Caterina a Chiaia) hanno illuminato artisticamente la città per tutte le festività natalizie.
Un’ipotesi di “giardino artistico” realizzato con l’ausilio di materiali di scarto (in questo caso elementi di alluminio) che attraverso il linguaggio dell’arte diventano simbolo di riscatto.
La trasfigurazione dello “scarto” che diventa opera d’arte diviene la metafora di una rinascita sociale e di integrazione delle aree napoletane.
L’opera Gèminus di Annalaura di Luggo – una delle 4 installazioni del progetto Napoli Eden a cura di Francesco Gallo Mazzeo – è oggi al centro dell’attenzione per una raccolta di firme (sono già alcune migliaia) per chiedere che rimanga permanentemente a Largo Baracche.

Quest’opera fatta di scarti di alluminio riciclato donati dalla Laminazione Sottile con il supporto del CIAL (Consorzio Imballaggi Alluminio) è per l’artista una simbologia delle relazioni interpersonali e del collegamento che lega tutti gli esseri umani.
“L’osservazione dell’altro ci porta a comprendere noi stessi”
Attraverso un gioco di specchi l’opera allo stesso tempo scompare e s’impone nello spazio. Il fruitore diventa parte integrante dell’opera e la sua immagine, riflessa dagli specchi, resta inglobata nella realtà circostante che svela tanti dettagli dei vicoli dei Quartieri Spagnoli.
Contemporaneamente lo stesso fruitore è costretto ad uscire dal suo mondo ed a soffermarsi sulla percezione dell’altro attraverso la provocazione di quattro iridi giganti e luminose che si impongono al suo sguardo.
Si tratta di quattro iridi di quattro personaggi nati e vissuti nei Quartieri Spagnoli selezionati dall’artista perché con la loro visione sono stati capaci di stimolare un cambiamento positivo della collettività: questi sguardi ci invitano ad una diversa chiave di lettura, a stimolare una nuova percezione della città al di là di ogni pregiudizio. Napoli emerge attraverso l’innocenza di una nuova visione e dallo scarto, dal rifiuto, da ciò che è apparentemente degrado, rinasce in un nuovo possibile Eden. NAPOLI EDEN, appunto.
Così le quattro iridi di quartiere catturate dall’artista con un processo fotografico da lei brevettato sono diventati i custodi eterni dell’opera, tanto da non poter più abbandonare Largo Baracche.
Ma il processo creativo dell’artista non è solo lo scatto fotografico dell’occhio, ma anche la ricerca di tracce della personalità dei suoi soggetti che ella stessa cattura con un’intervista “vis-à-vis”.
Tra le storie spiccano quelle di Titina Cocozza, la “Nennella” che ha lanciato l’omonima trattoria tanto amata dai turisti di tutto il mondo che restano per ore in fila pur di degustare i piatti tipici del locale. Nennella, al contempo donna dolce e di polso, si racconta all’artista come una mamma che ha saputo costruire un impero riuscendo però sempre a tenere saldo, grazie all’aiuto datole dal Signore, il timone della famiglia. Nennella con immensa tenerezza, stendendo le mani commenta che dopo 80 anni di lavoro, queste hanno smesso di funzionare e con orgoglio passa lo scettro del comando del ristorante ai suoi figli Ciro, Mariano e Salvatore.
Altro impeccabile personaggio immortalato in Gèminus è Enzo Masiello, lo show man degli aperitivi e dei caffè di Largo Baracche, che svela di aver capito che darsi per il prossimo è già una vittoria e ne comprende il valore perché lui nella vita non è mai stato aiutato da nessuno: oggi Enzo è fiero di aver lasciato un brutto passato alle spalle.
Gèminus è la perfetta sintesi della ricerca sperimentale sull’alluminio di Annalaura di Luggo e quella che ella stessa porta in giro per il mondo da anni con il suo progetto Occh-IO/Eye-I ed, in particolare con Blind Vision, progetto recentemente esposto all’ONU nell’ambito di una mostra personale durante la conferenza mondiale della disabilità.
Il noto critico d’arte Francesco Gallo Mazzeo scrive di quest’opera:
GÈMINUS è l’esito plastico, oggettuale, di una grande performance umana, artistica, avvenuta con la macchina fotografica fissata sugli occhi di chi può vedere, per diventare, abitando il luogo, esibizione visibile, forma misteriosa di una affermazione della luce, dell’ombra, in una vicenda umana che accomuna elementi di tragedia e di dramma esistenziale, anche se poi il tutto si può trasformare in diversi modi di rapportarsi col mondo, attraverso il tatto, l’olfatto, l’udito e una pellicolarità che godendo del verde, del giallo, del blu, riesce ad essere una umanità completa, di pregi e difetti, di slanci e di virtù, esattamente uguale a quella che s’affaccia nei vicoli che danno su questa bella piazza. Diventata installazione, con una base caotica di fragmenta alluminici, schiacciati e pressati, diventa postazione di unione comune, tenuta da conto dagli stessi intermediari, perché fatta dopo averli consultati e fotografati, per avvalorare l’uscita dal non esserci, nell’esserci.
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