19 Aprile 2024

L’autrice e regista palermitana, in veste di intervistatrice, scandaglia a fondo il mito di Ulisse-Odisseo e il suo incontro con Polifemo: uno dei più celebri della dell’epopea classica.

Emma Dante, interpretando se stessa, attraverso una serie di domande, si cala nel mito per rileggerlo, capirlo, reinterpretarlo con il suo linguaggio.  Dando spazio ad una forte fisicità rappresentata da tre ballerine-marionette, la Dante punta molto anche sul linguaggio, mescolando l’italiano con i dialetti, da lei sempre considerati linfa musicale dalla quale attingere per dar vita ad un altro tipo di “drammaturgia”.
Uno spettacolo dalle forte connotazioni autobiografiche: l’omaggio a Carmelo Bene definito “un morto che non si è ancora abituato all’eterno”, il suo rapporto fra attore e personaggio alla ricerca di una profondità emotiva che non può disgiungersi mai dalla presenza dell’attore, dal suo “esserci”, il il mescolarsi di generi diversi: l’apparire di Ulisse-Nessuno-Odisseo a petto nudo, maschera in volto, amante delle donne ma fedele al suo amore Penelope, interpretato abilmente da  Carmine Maringola, danzatrici poliformi che portano con sé strani manichini disarticolati che diventeranno il pasto macabro di Polifemo, danzatrici che sono il coro senza parole che racconterà parti significative della storia, come quella della tela che Penelope tesse e poi disfa per ingannare i pretendenti.
Salvatore D’Onofrio è l’ottimo interprete di Polifemo, che abita nei campi Flegrei e non nella Sicilia Orientale, infatti si rivolge, ad un’incredula Emma Dante, in dialetto napoletano. Fra lamenti e invettive, egli racconta della grotta oscura nella quale lo ha precipitato la cecità provocatagli dal tranello di Nessuno mentre dormiva ubriaco. Un rancore che non riesce a placarsi nemmeno dopo migliaia di anni. E forse queste sue umane pulsioni ci mostrano che, in fondo, tanto un mostro non è.
Emma Dante lascia intenerita questi due personaggi, le cui voci, ormai, avranno sempre dimora nella sua testa.
La Regista palermitana ha cercato di coniugare la matrice erotica dei personaggi, l’animus di un arcaico e violento mondo, e una modernità per nulla rassicurante, anzi, bizzarra e inquientante, dove la conquista di un equilibrio, nell’arte come nei rapporti umani, diventa ogni giorno più difficile. Ma non impossibile

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