20 Maggio 2024
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Si è aperta venerdì 8 la seconda edizione della rassegna dedicata alla cultura iraniana

 

Ogni anno, il Comune di Napoli indice un bando dal titolo emblematico “Altri Natali… la cultura è plurale”,  finalizzato al finanziamento ed alla realizzazione di eventi culturali che contribuiscano ad animare il periodo delle festività natalizie in città. Decine di eventi dedicati a musica, cinema, arte e più in generale cultura, in un ventaglio di proposte che spazia dalla ricchissima tradizione nostrana fino all’incontro tra mondi apparentemente distanti tra loro. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce la seconda edizione di “NeapolisPersia”, la rassegna dedicata all’incontro tra la cultura partenopea e quella di un paese come l’Iran, i cui attuali problemi legati alle repressioni ed ai divieti imposti dai vertici politici e religiosi della cosiddetta “Repubblica islamica” sembrano talvolta offuscare quella che è una storia millenaria ed una ricchezza culturale ed umana davvero straordinaria, eppure spesso sconosciuta nel nostro mondo occidentale. Come accaduto per la prima edizione, anche quest’anno il programma della rassegna si è articolato nei week-end centrali del mese di dicembre, tra il “ponte dell’Immacolata” e quello appena precedente la settimana del Natale.  Da venerdì 8 a domenica 10 dicembre, nella simpatica ed accogliente atmosfera del locale “Area 35mm” – gestito dall’omonima associazione presieduta da Stefano Nasti – tra aperitivi, film, mostre fotografiche e chiacchierate con gli ospiti della rassegna, è andata in scena la prima parte dell’evento, organizzato dalle associazioni “C4C Creative four Creativity” di Annalisa Ciaramella ed Andrea Valentino, “Kaos48” di Fabrizio Scomparin ed “I-Noor” del regista iraniano Amir Kaveh. 

 

La lotta delle donne iraniane e la salvaguardia dell’ambiente al centro della prima serata

 

Prima tappa di questo momento d’incontro tra le due civiltà è stata la proiezione di due brevi e suggestivi film che hanno condotto virtualmente il pubblico nell’atmosfera di quella che fu la culla dell’impero persiano. Nel dettaglio, il documentario “Kak Iraj” dell’esperto e pluripremiato regista e fotografo Jamshid Farajvand Farda ci ha portato nel Nord-ovest dell’Iran, per conoscere la vita e la particolare attività del protagonista, il cui nome dà il titolo al film. Una specie di eremita dei tempi moderni che vive in un luogo isolato, non lontano dalla città di Bijar, nella provincia del Kurdistan iraniano, recuperando e riutilizzando i materiali di scarto che trova in città per costruire e mantenere una casa ed un giardino davvero unici al mondo. Kak Iraj può dunque essere visto come un attivista ambientale che lancia silenziosamente un forte messaggio per la salvaguardia del nostro pianeta. Il secondo titolo in programma, il breve e divertente film d’animazione della regista iraniana trapiantata a Londra Elika Mehranpoor ci ha ricondotto, con i suoi disegni animati, nella Teheran degli anni ’70 per seguire “la più grande avventura” della piccola Goli, come recita il titolo in inglese: “Goli’s greatest adventure”, appunto. Si tratta della storia fantastica di una bambina che ama il cinema, ma che ha un fratello che vorrebbe impedirle di andare a vedere il suo film preferito: lei non ci sta e da lì comincia tutta una serie di peripezie che la porterà alla fine a realizzare il suo piccolo sogno. Una storia che può essere letta come una metafora della condizione attuale di tante donne e bambine iraniane, a cui l’attuale regime vorrebbe negare la possibilità di avere una normale vita sociale, ma che continuano a combattere per far valere i loro diritti. La visione del film ha rappresentato un ottimo modo per lanciare il principale tema del dibattito che ha visto gli interventi dei due ospiti della serata. Gino Aveta, autore di programmi cult della storia della televisione italiana come il mitico“Indietro tutta” e  tra i più stretti collaboratori di artisti del calibro di Renzo Arbore e Nino Frassica, ha portato la testimonianza del movimento culturale nato a Napoli dalla petizione “Donna, Vita, Libertà” a favore delle donne dell’Iran, lanciata da Marisa Laurito all’indomani della barbara uccisione della giovane iraniana Mahsa Amini avvenuta per mano della polizia morale iraniana il 16 settembre 2022. Nel segno della condizione e dei diritti delle donne iraniane anche l’intervento di Leila Rahimian: laureata in disegno artistico a Teheran e diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma, la performer e fotografa iraniana attualmente vive e lavora nei pressi di Como. Per l’occasione, Leila ha inaugurato presso la sede di “Area 35 mm” in via Giovanni Porzio n. 4 (Centro Direzionale, isola G5), l’esposizione delle sue foto, realizzate insieme ad Eliana Prada, che rappresentano l’artista stessa nella sua duplice condizione di donna libera di esprimere la propria identità, ma anche di donna “velata” come la vorrebbe il regime del suo paese d’origine.

 

Seconda serata: lo sport e l’arte come linguaggi universali

 

Nella seconda serata, quella di sabato 9 dicembre, il viaggio virtuale in terra persiana ha fatto tappa sulle rive del Mar Caspio, nella provincia nordorientale del Mazandaran, dove sorge la cittadina di Neka, da cui arriva il documentario “Malek’s girls” del giovane regista locale Ahmad Khodadi, che ha seguito l’avventura di un piccolo club di futsal femminile che in pochi anni è riuscito ad approdare nella massima serie iraniana. Una storia che ci riporta al tema della condizione delle donne iraniane, visto però da un punto di vista particolare, quello dello sport, che diventa a sua volta strumento di lotta per la libertà personale e per il riscatto sociale e che, nella sua versione migliore e più pulita, è capace di unire e di appassionare gente da ogni parte del mondo. È questo il messaggio trasmesso anche dalla prima ospite della serata, la mediatrice culturale Stefania Abbate, operatrice della cooperativa LESS, che da anni svolge un ruolo fondamentale in città ed in provincia nel campo dell’accoglienza dei migranti. Al centro della sua testimonianza, l’esperienza della squadra di calcio formata dai ragazzi – tutti minorenni non accompagnati, arrivati in Italia da vari paesi del continente africano – ospiti della casa-famiglia gestita dalla cooperativa nel territorio di San Giorgio a Cremano, che ha partecipato con ottimi risultati alla fase regionale del torneo organizzato nell’ambito del progetto RETE, promosso dalla Federcalcio Italiana e rivolto ai minori accolti nel SAI (Sistema Accoglienza ed Integrazione), coordinato dall’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e dal Ministero dell’Interno. Se lo sport parla un linguaggio universale, non è da meno l’arte, come testimonia Neda Shafiee Moghaddam, pittrice e scultrice il cui percorso di vita ricalca in parte quello della sua collega ed amica Leila Rahimian: come lei è nata ed ha studiato arte all’Università di Teheran, come lei è in Italia dal  2002, e come lei si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Roma. A differenza di Leila, però, Neda adesso vive e lavora a Trieste: la sua arte mette sempre al centro gli aspetti universali della condizione umana, ma esprime anche le paure e le speranze che nascono dal suo percorso di vita personale, servendosi in particolare dalla figura geometrica del cubo, al tempo stesso simbolo di razionalità e “contenitore” di emozioni.

 

Terza serata: l’arte come mezzo per difendere il pianeta ed i diritti delle donne

 

La concezione dell’arte di Neda ha dei punti in comune con quella dell’ospite della terza serata, Solmaz Vilkachi, scultrice nata a Teheran, laureata in Economia nel proprio paese ed arrivata in Italia nel 2009 per seguire la sua passione per l’arte e studiare – guarda caso – all’Accademia di Belle Arti di Roma, città in cui attualmente vive e lavora. Con la sua arte, Solmaz affronta tematiche legate alla sua ricerca dell’identità, al comportamento umano nella società attuale o alla necessità di rispettare e salvaguardare l’ambiente che ci circonda. Alcune delle sue opere sono esposte in luoghi pubblici in diverse regioni d’Italia: possiamo citare, a titolo di esempio, “Percezione spaziale”, nel centro del comune calabrese di Orsomarso, o “Dialogo degli elementi” nel Parco Castiglione di Palombara Sabina (Rieti). Al pubblico del NeapolisPersia, Solmaz ha sottolineato la sua costante preoccupazione di esprimere il suo messaggio artistico attraverso la realizzazione di figure umane che non abbiano una particolare “colorazione” nazionale o riferimenti specifici ad una determinata identità culturale, ma che, come per Neda, siano espressione di una condizione umana universale.  Prima del dibattito con Solmaz è stato proiettato il cortometraggio “Se mi uccidi… poi a chi picchi?” di Corrado Ardone, interpretato da Rosalia Porcaro e dal compianto Antonio Pennarella, un lavoro che affronta in modo ironico ed incisivo la tematica, purtroppo sempre di attualità, del “femminicidio” e della cosiddetta “violenza di genere”, realizzato dalla Maxima Film di Marzio Honorato, con il contributo del “Centro Dafne – Codice Rosa” dell’Ospedale “Cardarelli” di Napoli. Il regista, che non ha potuto essere presente alla serata a causa di un problema fisico, ha portato la sua testimonianza attraverso un contributo video realizzato appositamente per l’occasione.

 

E adesso? Ecco cosa ci aspetta nel prossimo week-end

 

Insomma: clima conviviale, spunti di riflessione su tematiche di stretta attualità, confronto – attraverso varie forme d’arte – con  una cultura ed un modo di vivere così diversi rispetto ai nostri canoni occidentali. Tutto questo è NeapolisPersia, che si appresta a vivere la sua seconda parte nel week-end tra il 15 ed il 17 dicembre. In programma altri tre film iraniani, il documentario “Rumore – Human Vibes” di Simona Cocozza, una nuova mostra fotografica ed interventi di ospiti dall’Iran e dalla nostra città. Cosa chiedere di più? Venite ad “Area 35mm” e non ve ne pentirete!!!

Carmine Valentino        

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