Auditorium Novecento, sito in via de Marinis 4, martedì 7 maggio, alle 21:30, ospita il concerto di Carolina Reapers Trio, organizzato e promosso dall’Associazione Dissonanzen per la rassegna Dissonanzen / impro II. La band è composta da Roberto Ottaviano, sax soprano, Giovanni Maier, contrabbasso, e Zeno De Rossi, batteria. Dai ritmi africani Kwela e Xhosa si passa al mondo post umano di Steve Lacy e di altri visionari di frontiera.
Biglietti intero 15 euro; ridotto 12 euro per i primi trenta venduti; prevendita online https://www.azzurroservice.net/biglietti/carolina-reapers-trio/
Info www.dissonanzen.it – info@dissonanzen.it – fb ensembledissonanzen – ig dissonanzen
Se esiste uno spazio in cui far convivere i suoni scritti da Raymond Scott per gli esilaranti cartoons della Warner Bros insieme all’astrazione del mondo post Weberniano, ai ritmi africani Kwela e Xhosa e al mondo post umano di Steve Lacy e altri visionari di frontiera, allora si trova sicuramente nelle performances del Carolina Reapers Trio.
Il suono del sax soprano di Roberto Ottaviano trova nell’interplay con il contrabbasso di Giovanni Maier e la batteria di Zeno De Rossi, l’ideale integrazione di colori, spazio e tempo in cui sfidare l’equilibrio di una musica che perde i connotati di una collocazione fissa. I temi, le strategie di improvvisazione, la trasfigurazione e la mimesi timbrica, potrebbero essere una trama perfetta per un racconto di Le Carrè o di Philip Dick.
Neri Pollastri, in una recensione apparsa su “All About Jazz” per un concerto della formazione, dichiara «Forti della loro rodatissima e telepatica intesa, i tre hanno dato vita a una musica densissima, basata su brani perlopiù tratti dalla più alta tradizione – Mingus, Monk, Lacy – e cesellati con una maestria che poneva i protagonisti alla pari dei miti da cui traevano ispirazione. Ottaviano, con il suo sax soprano – il solo strumento da lui impiegato – ha fatto di tutto: ora fraseggi elaborati e rapidissimi, ora salti di ottava che esaltavano gli splendidi timbri del suo strumento, ora borbottii e suoni della voce trasposta, ora suoni tratti lavorando sull’ancia, il tutto mai con virtuosistica autoreferenzialità, bensì sempre con finalità espressive votate a esaltare i temi scelti – modo encomiabile di utilizzare in un ambito collettivo gli studi solistici sullo strumento di cui Ottaviano ha dato mostra, per esempio, nel suo recente disco Skins».
Roberto Ottaviano inizia a suonare come autodidatta le percussioni e il flauto e a cinque anni comincia a prendere lezioni di clarinetto al conservatorio di Bari. Sotto l’influenza della musica di Lester Young e John Coltrane, scelse il sassofono e grazie ad un fortuito incontro con Steve Lacy, ha concentrato molte attenzioni sul sax soprano.
Durante un soggiorno in America, ha studiato con Ran Blake, Bill Russo e George Russell composizione jazz e arrangiamento. Ottaviano ha militato in una big band locale con i musicisti ospiti come Buck Clayton, Ernie Wilkins, Benny Bailey e Sal Nistico ed è stato un membro dell’orchestra di Andrea Centazzo.
Ha all’attivo più di dieci album, in particolare nel 1983 ha pubblicato il suo primo lavoro (“Aspects”) con Giancarlo Schiaffini, Paolo Fresu e Carlo Actis Dato e nel 1988 ha inciso un omaggio a Charles Mingus (Mingus – Portraits in six Colours).
Dal 1979, Ottaviano ha collaborato con numerosi musicisti jazz come Dizzy Gillespie, Art Farmer, Mal Waldron, Albert Mangelsdorff, Chet Baker, Enrico Rava, Barre Phillips, Keith Tippett, Steve Swallow, Irene Schweizer, Kenny Wheeler, Henry Texier, Paul Bley, Aldo Romano, Myra Sant’Agnello, Tony Oxley, Misha Mengelberg, Han Bennink, Mario Schiano, Trilok Gurtu, la formazione coreana “Samulnori” e il “Canto Drums” di Pierre Favre. Ha suonato in molti jazz festival americani ed europei, come il Chicago Jazz Festival, il Festival di Musica Donaueschingen, il Jazz Festival di Berlino e il Festival del Jazz di Willisau.