19 Aprile 2024

Di Elia Fiorillo

Informazione e media. Una lezione di giornalismo a portatori di handicap che vogliono fare un blog

Le combinazioni della vita sono strane. A volte è il caso che fa la storia, come ti fa fare esperienze che non ti saresti mai sognato di realizzare.
La telefonata d’invito mi coglie di sorpresa. La richiesta mi spaventa. Non è la solita proposta a partecipare come relatore ad una tavola rotonda o ad un convegno. Si tratta di ben altro. Si tratta di tenere una lezione di giornalismo a portatori di handicap non proprio giovani. Mi spiegano che già è in atto un corso di fotografia voluto dall’Associazione nazionale dei fotografi professionisti.

Si vorrebbe realizzare un blog dove far raccontare esperienze, storie. Un blog per “dar voce a chi non ha voce”. Accetto la proposta con tutta una serie di riserve mentali che, appunto, m’intimidiscono. Non avrei alcun timore di parlare di giornalismo anche ad un pubblico raffinato o con la puzza sotto al naso. Saprei come comunicare e difendermi da eventuali domande insidiose o attacchi preconcetti. Il mestieraccio c’è dopo tanti anni di attività.  Ma con un uditorio così particolare il mio linguaggio sarà opportuno? Dovrò usare parole semplici? Insomma, sarò compreso e  riuscirò a capire i miei interlocutori?

Sono emozionato quando varco la porta dell’aula. Mi ritrovo venti persone davanti che mi sorridono e mi scrutano. Come attaccare? Decido all’istante di raccontare la mia storia, di come ho cominciato la mia attività. La passione che mi portò a quattordici anni a collaborare senza compenso, come fotografo,  con il giornale “il Roma” di Napoli eppoi, a distanza di tanti anni, a pubblicare sullo stesso periodico “Opinioni”. Spiego loro chi è il giornalista, la differenza tra pubblicista e professionista, la funzione dell’Ordine dei giornalisti e del Sindacato. Come si “cucinano” le notizie, chi è  che fa il direttore responsabile, il capo redattore e via proseguendo.  Non mi pongo più alcun problema di linguaggio e di evitare concetti complessi. So che mi comprendono. Glielo leggo negli occhi. La riprova mi viene dalle domande che mi pongono dopo quasi tre quarti d’ora di mio intervento. Mi chiedono di Sara e di Yara e del perché la stampa si soffermi oltre misura, con morbosità, sui due delitti; dell’obiettività dell’informazione ed anche su quali testi bisogna studiare per diventare giornalista professionista. Mi domandano come si fa a scrivere un articolo, le linee guida. Gli racconto dei cinque interrogativi a cui il cronista deve sempre rispondere: “Chi,? come?, dove,? quando?, perché?”. Discutiamo  anche delle “notizie separate dalle opinioni”

Parliamo del blog e di come organizzarci per realizzarlo. Propongo di cominciare a pubblicare le migliori foto che hanno scattato durante la lezione eppoi commentarle. Mi raccontano di una loro collega  che scrive racconti. Domando di poterne leggerne uno. E’ una storia d’amore tenera, scritta con levità, con linguaggio appropriato e con senso del colpo di scena. Mi chiedo se noi giornalisti  siamo sempre  capaci di tanta limpidezza di scrittura e di capacità di narrativa. Nel blog decidiamo tutti insieme, dopo aver applaudito a lungo la nostra amica scrittrice che sorride emozionata, di pubblicare il testo nella parte dedicata ai racconti. Mi chiedono, in fine, di poter andare a visitare una redazione di giornale e degli studi televisivi. Prometto che chiederò il permesso delle visite ad alcuni  amici influenti. La promessa che faccio non è la solita che si fa a fine convegno o tavola rotonda quando qualcuno ti chiede qualcosa. Quella parola data che vorresti mantenere, poi ti passa dalla mente per le tante incombenze che ogni giorno ti piovono addosso. No, è un impegno di quelli che vanno mantenuti a tutti i costi.

La lezione è finita, sia quella che ho dato io, ma soprattutto quella di grande dignità ed umanità che ho ricevuto.

Parlo con il responsabile della cooperativa sociale  che mi racconta delle difficoltà finanziarie, dei tagli alle rette, dei mille problemi che una struttura di quel genere si porta dietro. Comprendo le difficoltà e soprattutto la superficialità della “politica” affaccendata in altre faccende.  Mi convinco che le lezioni di giornalismo e di fotografia – e la realizzazione di un blog, di tanti blog –   vanno proseguite ed incentivate. Certo, non risolveranno il problema dei finanziamenti, della carenza di  strutture e di tutte le dispute che ci stanno dietro, ma serviranno ai “ragazzi”, alle loro famiglie, alla società nel suo insieme. Li faranno comunicare con il mondo esterno spesso ostile per ignoranza, per superficialità, per preconcetto. Mi auguro che creeranno un contatto non superficiale  col mondo di noi cosiddetti sani.

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