29 Aprile 2024

La via italiana alla risoluzione della crisi c’è come testimoniano il caso Atitech, il tentativo istituzionale su Bagnolifutura e il salvataggio dello zoo di Napoli: è quanto emerso dalla giornata conclusiva della 15esima Conferenza annuale dell’“International Insolvency Institute”, evento approdato ques’anno per la prima volta a Napoli prima di fare tappa a Tokio l’anno prossimo.

 

Al centro del dibattito dal titolo “Ristrutturazioni del debito, valorizzazione attivo fallimentare: la soluzione italiana”, due casi di rilancio aziendale di casa nostra, l’Atitech e Bagnoli, il primo già realizzato grazie ad un’iniziativa imprenditoriale che ha forti radici in Campania, il secondo da realizzare. A discuterne Lucio Ghia, titolare dell’omonimo Studio Legale di Roma, Pasquale Liccardo, direttore generale Sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia, Francesco Caia, membro del consiglio nazionale forense, Michele Sandulli, ordinario di Diritto Commerciale presso l’Università degli Studi di Roma Tre,Nicola Graziano, magistrato ordinario della Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli, Stanislao Chimenti, dello studio legale Chimenti di Roma, Giovanni Lettieri, amministratore delegato e presidente della Meridie Investimenti Spa e dell’Atitech Spa, Vincenzo Moretta, presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Napoli, Ennio Magrì, senior partner dello Studio legale Ennio Magrì e Associati. A tirare le conclusioni del dibattito, Lucio Di Nosse, presidente della Sezione Fallimentare del Tribunale di Napoli.

Presente all’incontro anche il direttore generale di Personale e Formazione del Ministero della Giustizia Luigi Di Mauro.

A moderare e introdurre il dibattito è stato Ghia, organizzatore della Conferenza insieme allo studio Magrì di Napoli, che ha sottolineato “l’importanza di poter discutere di questi argomenti in una così rilevante Conferenza internazionale a Napoli” e ha presentato i relatori. Il primo a intervenire è stato Pasquale Liccardo che ha illustrato il progetto Common del Ministero della Giustizia. “La crisi che viviamo – ha detto – è la più lunga del nostro secolo. E il tempo è una variabile che condiziona moltissimo la gestione dei fallimenti. Obiettivo del nostro progetto è quello di creare il più grande Marketplace mai realizzato. La nozione di tempo deve essere ripensata rispetto alle aspettative economiche e per questo il nostro progetto mira ad accorciare questi tempi creando un mercato unico, favorendo in pratica una domanda prodotta dalle stesse procedure concorsuali”. L’idea è quella di “trasformare il creditore da soggetto passivo che attende di essere pagato a soggetto attivo che sostiene al domanda”.

Caia ha parlato delle nuove norme della gestione della crisi di impresa mettendone in evidenza anche alcune criticità. “Il cuore del problema, sul piano delle norme – ha detto – è che le procedure di prevenzione e composizione della crisi possono essere e vengono piegate a volte a finalità diverse rispetto a quelle per cui esse sono attivate. Può capitare che imprese senza chance di ripresa utilizzino questi istituti per differire il fallimento nel tempo”. Da qui la necessità di coinvolgere “professionisti seri e dotati di specifiche competente” e la richiesta al legislatore di “introdurre più rigorosi requisiti per chi è volto a salvare piani di impresa”.

Sandulli ha fatto un excursus legislativo della disciplina del fallimento. “Possiamo dire che la nostra procedura concorsuale è bipolare, da un lato ci sono le procedure di tipo amministrativo, dall’altro quelle di carattere giudiziario. Inizialmente queste erano distanti e divaricate, col tempo però c’è stato un avvicinamento, tanto che la procedura amministrativa ha influenzato la procedura giudiziaria. Nel fallimento ha prevalso col tempo l’interesse di salvaguardare e ricollocare le strutture aziendali e c’è stata così una distrazione dall’interesse dei creditori a favore dei bisogni collettivi della risoluzione della crisi”. Da qui la riforma partita nel 2005 che ha fatto del concordato un’occasione di investimento. “Spesso il fallimento viene visto come la morte delle imprese, oggi è anche occasione per creare nuova ricchezza” ha concluso.
Chimenti ha parlato delle procedure d’amministrazione straordinaria comune e quelle d’amministrazione straordinaria speciale nata per affrontare le crisi di imprese di dimensioni. “Negli anni di sua applicazione – ha detto – l’amministrazione straordinaria ha dato buoni risultati con 132 gruppi interessati per un totale di 499 aziende. L’istituto va certamente migliorato ma il mio appello al legislatore è quello di non stravolgerlo totalmente”.
Lettieri ha raccontato la sua esperienza: “Vengo da un settore complicato, quello del tessile, dove per chiudere bilanci in utile si faceva fatica. questa esperienza mi ha portato ad avere approccio diverso nella gestione d’azienda, Approccio diverso che mi ha permesso con Meridie di salvare Atitech dal fallimento”. Lettieri ha ricordato quando da presidente degli industriali fu chiamato dal governo a dare una mano per salvare quella realtà. “Cercai di mettere insieme una cordata di imprenditori. Ci fu inizialmente qualche difficoltà ma alla fine decisi di andare avanti lo stesso. Non dormivo la notte per la riuscita di questo progetto. Individuai allora i punti deboli che risiedevano nel fatto che Atitech lavorava solo per Alitalia e che c’erano tra i lavoratori alcune cattive abitudini. I punti di forza erano invece i certificati, gli impianti, il know how. Nell’accordo che stringemmo a Roma chiesi così una riduzione del costo del lavoro, relativa al salario accessorio e inizia a lavorare per creare un polo internazionale delle manutenzioni a Napoli. Oggi abbiamo hangar pieni di aerei e il polo a cui lavora Atitech con Finemeccanica sta diventando una realtà”. Infine un appello: “Il fallimento deve essere solo l’ultimo stadio di vita di un’azienda, occorre esperire tutte le procedure per intervenire prima delle crisi e salvare realtà potenzialmente sane come è successo con Atitech”.
Moretta ha sottolineato l’importanza di esperienze come quella di Atitech che mettono in luce quello che di buono c’è nelle procedure fallimentari. “Casi come questo – ha detto – ci suggeriscono misure innovative affinché l’insolvenza non diventi il primo passo verso il fallimento della società”. Dicendo questo a chiesto il “rafforzamento delle procedure di allert” per rispondere alla crisi prima ancora che essa intervenga.
Ennio Magrì ha esordito ringraziando l’International Insolvency Institute per aver portato a Napoli questa conferenza spendendo parole di gratitudine per l’avvocato Ghia e il suo studio. Poi si è soffermato sull’articolo 33 dello Sblocca Italia. “Lo stato è intervenuto per valorizzare i beni in mano alla curatela fallimentare dando la possibilità ad un soggetto attuatore di gestire e mettere sul mercato quei beni dando titoli finanziari a favore della curatela stessa. Si mette così in pratica una cartolizzazione dell’attivo”.
Anche Graziano si è soffermato sulla cartolarizzazione dei beni della società sottoposta a curatela fallimentare. “Il caso italiano ci impone una riflessione attenta sui rapporti tra lo Stato, i poteri giudiziari e le amministrazioni locali. Una riflessione che non si può liquidare semplicemente in un intervento dall’alto del legislatore. Quella legata a Bagnolifutura è una grande opportunità. Occorre però che come avvenuto per Atitech e anche per lo Zoo di Napoli si concretizzi nuovamente una collaborazione istituzionali, sinergie che possono rilanciare il ruolo di questa importante zona della città”.
Infine le conclusioni di Di Nosse. “La strada italiana alla risoluzione della crisi sicuramente esiste – ha detto – E’ giusto come si è detto rafforzare il momento di controllo dando nuova vita all’istituto dell’Amministrazione controllata. Importante in tal senso è la riforma in atto delle procedure concorsuali che pare dover introdurre strumenti ad hoc. Occorre però anche una corretta gestione della crisi, per la quale c’è bisogno della massima attenzione delle istituzioni. Abbiamo visto che ci sono procedure che corrono su binari diversi, amministrativi e giurisdizionali. Sono da tempo convinto che la soluzione debba trovare spazio più in ambito extragiurisdizionale che nei tribunali”. L’invito è proprio a lasciar spazio alle prime perché “i tempi delle procedure processuali sono spesso indecenti e non in linea con quelli del mercato. I tempi biblici delle aule giudiziarie non permettono a volte una risposta che deve invece essere attuata con immediatezza per il recupero di tutte le potenzialità dell’impresa. Prospettive per investire anche in una procedura fallimentare ci sono, basta trovarle nelle pieghe della legge. Ben vengano dunque curatori o commissari che siano anche manager”.

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