Intervista a Tommaso Borrelli – autore di “Un giorno, o l’altro”

 

“Un giorno, o l’altro” di Tommaso Borrelli, edito dalla Kairòs, 220 pagine, euro 15, è un libro ampiamente autobiografico e racconta di un insegnante quarantenne della provincia napoletana e dei suoi tentativi per evadere dalla routine in una società schiacciata dall’ignoranza e dal complicato riscatto civile.

Tra le pagine lucide, crude, ironiche e a tratti ciniche di “Un giorno, o l’altro”, il protagonista fa di tutto per uscire da una realtà che non sente più sua e che, anzi, è in contrasto con le aspirazioni e i sogni di un tempo, in cui pareva avviato ad una brillante carriera e ad un’esistenza eccitante.

 

Per saperne di più, Il Mezzogiorno ha intervistato l’autore Tommaso Borrelli.

 

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?

L’idea di scrivere il libro è nata dal desiderio di trovare una “cornice” entro la quale inserire storie, personaggi, riflessioni che nel tempo si erano presentate alla mia mente in maniera disunita e che appunto con l’idea del libro si sono organizzate in una forma unitaria. Tuttavia, è anche vero che il mio libro è nato dalle tante letture che mi lasciavano con un che di inespresso, cioè il desiderio di un testo narrativo e di un protagonista che non fosse il tipico, classico personaggio del romanzo, ma che al contrario potesse essere anche più realistico.

 

Tre aggettivi per il suo romanzo

Cinico, divertente, dissacrante

 

A chi consiglia di leggere “Un giorno o l’altro”?

Consiglio di leggere questo libro a chi, in un testo, non cerca verità autoconsolatorie, buoniste ed ecumeniche. Lo consiglio a chi sa distinguere tra finzione narrativa, desideri inespressi, realtà sociale e civile.

 

Si può dire che lei ha scelto di raccontare l’insoddisfazione di una generazione?

Non so se il libro riesca a raccontare una generazione. Se ci riuscisse, sarebbe una grandissima soddisfazione, la massima raggiungibile per uno scrittore probabilmente. Ribalto quindi la domanda e dico che sicuramente molto di quanto ho scritto nasce dall’insoddisfazione nella quale la mia generazione, quella dei nati tra fine anni 70 e inizio 80, si è trovata: schiacciata tra un precariato che è diventato sistematico, delle  relazioni umane rese sofferte e complicate dall’ansia di uniformarsi ai dis-valori e il sostanziale disinteresse verso tematiche di partecipazione politica che spesso vedo nei miei coetanei, ecco che i quarantenni di oggi si trovano a vivere una patetica adolescenza infinita. Almeno finché non irrompe la realtà a distruggere questo progetto di perenne rifiuto delle responsabilità.

 

Quali sono i modelli letterari a cui si ispira?

Non credo di essermi ispirato ad un modello preciso, in questo libro. Certamente però nella scrittura affiorano tutti i tuoi riferimenti letterari anche senza che li elabori volontariamente. La cosa divertente è che li sto scoprendo, questi echi di altre letture, solo ora che è iniziato il tour promozionale del libro e il giro di presentazioni: c’è sempre qualche lettore che con arguzia mi dice che un certo passaggio… una certa pagina gli ricordano un tale scrittore o un altro. Dovrei quindi, per rispondere, elencare i miei scrittori preferiti: Arpino, DeLillo, Veraldi, che leggo e rileggo sperando di incamerare almeno un goccio della loro genialità.

 

Pensa di continuare con la sua carriera di scrittore?

Penso di sì, anzi ne sono certo. Scrivere è un bisogno che va oltre la pubblicazione o meno di quanto si scrive. Certo poi, il discreto successo che questo libro sta suscitando e l’interesse che vedo attorno, anche le polemiche certo, perché no, tutto questo “ribollire” di idee ed opinioni è una spinta in più a scrivere e a migliorarmi.

Print Friendly, PDF & Email
Pubblicità
Verified by MonsterInsights