La crisi delle Università meridionali: Nord e Sud sempre più distanti

di Enrico Marotta

C’è un’ italia che investe meno degli altri paese Europei in università e ricerca: lo stato italiano investe in istruzione di terzo livello 7miliardi di euro l’anno, con il c.d. Finanziamento ordinario(FFO) mentre la Germania investe 26 miliardi, differenza umiliante per l’italia che, oltre al settore università in senso stretto, è tra i paesi OCSE il fanalino di coda anche per investimenti in R&S sia in rapporto al PIL ( 1,1% dato Istat) sia in riferimento ad investimenti UE direttamente impiegabili nei settori tecnologico-strategici. A fronte di questo drammatico stato dell’arte, segnalato dalle statistiche, si aggiunge un altro problema rilevante per la tenuta del sistema paese: il divario sempre più marcato tra università del Nord che vedono aumentare i propri iscritti con ripercussioni evidenti in termini di finanziamenti ed università del Sud che perdono iscritti per effetto dell’esodo degli studenti meridionali, dal sud al nord, con evidenti perdite in termini di finanziamenti. Andiamo a delineare le cause di questo divario tra università del Sud e università del Centro-Nord: – La fuga dei giovani meridionali. I giovani del Sud si iscrivono sempre meno all’università. Tra coloro che si iscrivono, moltissimi lo fanno in università del Centro e del Nord. Tra i giovani meridionali che nel 2014 si sono iscritti all’università, uno su quattro – il 25,4% del Mezzogiorno continentale e il 25 % dalle Isole – ha scelto un ateneo fuori dalla propria regione ( dati SVIMEZ). I recenti dati Svimez, letti alla luce dell’anagrafe del Miur sulle immatricolazioni all’Università, segnalano un forte calo d’iscrizioni con punte altissime al Sud (45 mila iscritti in meno di 10 anni). È emerso che la crisi economica e sociale del Sud, che cresce meno rispetto al Nord, sia accompagnata dalla costante fuga dei giovani che pur essendo più svantaggiati rispetto ai loro pari settentrionali godono di minori sostegni in termini di Borse di Studio e agevolazioni provenienti dal sistema regionale. – il meccanismo di finanziamento universitario che svantaggia il sud Dal 2008 in avanti, il sistema universitario italiano ha visto complessivamente una sottrazione di 1,5 miliardi di euro a cui si accompagna la legge 240/2010 necessaria a legittimare i tagli pianificati. Queste scelte hanno avuto effetti drammatici sull’offerta formativa e indebolita la capacità di ricerca degli atenei. Il Sud da questa crisi delle università italiane è stato il più colpito. Le ragioni sono molteplici e risiedono in particolare nella scelta degli indici di valutazione che determinano politiche premiali che hanno notevolmente svantaggiato gli atenei del sud. Gli atenei del Sud contano maggiori fuori corso a dispetto degli atenei del centro e del nord e hanno bassissimi finanziamenti provenienti dal settore privato che preferisce finanziare attività di ricerca e di studio portate avanti da università del Nord che sono più inserite in maniera sinergica in tessuti maggiormente industrializzati. L’evidente calo delle iscrizioni è stato un altro elemento di perdita di finanziamenti rispetto alle università del Nord che invece hanno evidenziato incrementi nelle iscrizioni. La pianta organica, a causa dei tagli, ha generato un trasferimento di quasi 700 ricercatori che, nel corso di quasi 4 anni, sono stati prelevati dagli organici delle università del centro-sud e trasferiti d’ufficio negli Atenei del Nord-italia. Nel 2015 il travaso complessivo prodotto dai meccanismi dei c.d. punti organico ha visto il Sud perdere 281 punti organico, il Centro 60 mentre il Nord ne guadagna 341 con la Lombardia e le c.d. università speciali come il S.Anna di Pisa essere privilegiate da questo processo redistributivo. – crisi demografica al sud

Questo sistema duale del sistema universitario italiano con Atenei di “serie A” (quelli del Nord) ed Atenei di “serieB” (quelli del Sud) determinato da un calo delle iscrizioni al Sud potrebbe avere anche ragioni demografiche. Tra il 2002 e il 2015, nel Mezzogiorno la popolazione è cresciuta solo del 2%, mentre al Nord dell’8,5%. Ciò significa che le regioni del Nord, anche grazie agli immigrati, hanno avuto un aumento di 2 milioni e 200 mila abitanti: sei volte quella del Sud. Nel periodo in esame un altro dato drammatico è riferito ai ragazzi tra i 18-25 anni che sono diminuiti di quasi 351mila unità al Sud (-15,5%) e di 121mila unità al Nord (-5,7%). Tutte queste evidenti analisi di dati possono spiegare il motivo del calo di studenti nelle università meridionali.

Le cause di questo divario Nord- Sud sono molteplici e hanno natura: sociale, economica, demografica che pone due italie, del Sud e del Nord, crescere con due velocità differenti. Tuttavia il meccanismo perverso dei finanziamenti all’Università italiane sta accentuando il divario tra università del Nord e del Sud. In nome dell’eccellenza si sta violando e comprimendo l’articolo 34 delle nostra Carta Costituzionale nella parte in cui recita: “La scuola è aperta a tutti…..I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi… “. Viene leso quindi il diritto allo studio universitario dei giovani meridionali che vogliono vedere il Sud: luogo in cui vivere e formarsi per contribuire col proprio lavoro e col proprio impegno culturale al rilancio che al momento appare difficile e complesso.

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