La responsabilità medica tra alleanza terapeutica e medicina difensiva: quale futuro?
Si è svolto il 12 giugno, presso il Centro Studi della Clinica Ruesch, in Viale Maria Cristina di Savoia a Napoli, il Convegno: La responsabilità medica tra alleanza terapeutica e medicina difensiva – quale futuro? Un incontro su un tema di grandissima attualità, che ha visto la partecipazione di esponenti di primo piano del mondo della Sanità, della Politica, della Magistratura, dell’Avvocatura, delle Compagnie Assicurative.
Erano presenti infatti il Prof. Gianfranco Merlino, della Clinica Ruesch, il Prof. Claudio Buccelli, Ordinario di Medicina Legale e Direttore Dipartimento Scienze Biomediche Avanzate Università degli Studi di Napoli Federico II, nonché Presidente della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni, gli Avvocati penalisti Ivan Filippelli e Arturo Frojo, il Giudice della Corte di Appello di Napoli Antonio Lepre, il Prof.Mariano Menna, Ordinario di diritto processuale penale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, il Sen. Lucio Romano, Commissione Igiene e Sanità, il Dott. Giuseppe Botta , Membro della Commissione Ordine dei Medici di Napoli per la responsabilita’ professionale. Sono intervenuti anche il Prof. Carmine Malzoni, Responsabile della Casa di Cura Malzoni di Avellino e il Dott. Giacomo Travaglino, Magistrato della Corte di Cassazione, esperto in responsabilità medica.
Al centro del convegno, moderato da Simonetta de Chiara Ruffo, il DDL 1648 – Norme per la tutela della salute, per la disciplina del rischio clinico e della responsabilità professionale medica, del quale il Sen. Romano è proponente e primo firmatario. Il disegno di legge prevede una serie di interventi che appaiono indispensabili per affrontare adeguatamente la gestione del rischio clinico.
INTERVENTO SEN. LUCIO ROMANO
Nella sua lunga relazione, il Sen. Romano afferma: “La medicina vive da tempo un paradosso: pur essendo divenuta straordinariamente potente nelle capacità diagnostiche e nelle possibilità di intervento terapeutico, suscita una crescente diffidenza nei pazienti che vivono un rapporto sempre più conflittuale con i medici. Conseguenza di questa crisi profonda della medicina è una relazione tra sanitari e pazienti che genera frequentemente controversie sui risultati conseguenti alle prestazioni cliniche e chirurgiche rese, per presunte responsabilità professionali da colpa o inadempienza nella loro realizzazione.
Il fenomeno coinvolge massicciamente tutto il mondo occidentale, a partire dagli USA. In Italia il sottosistema civilistico della responsabilità professionale medica si sta progressivamente trasformando, pervenendo a ristori riparativi sempre più onerosi attraverso una progressiva dilatazione del danno risarcibile/indennizzabile.
Un’aggiornata indagine conoscitiva condotta dall’Associazione nazionale imprese assicuratrici (ANIA) ha rilevato che tra il 1994 e il 2012 il numero dei sinistri da responsabilità professionale medica denunciati si è più che triplicato, passando da poco più di 9.500 a oltre 31.000, con una concomitante forte crescita del costo dei risarcimenti. In particolare vi è stato un aumento delle denunce nei confronti sia dei singoli medici (oltre 11.000 nel 2012) che delle strutture sanitarie (circa 20.000), con un incremento complessivo del 255 per cento rispetto ai dati del 1994.
Indicazioni analoghe emergono dai dati riguardanti il numero di sentenze in tema di responsabilità professionale medica pronunciate dai giudici di legittimità in ambito civilistico: se fino agli inizi degli anni ’90 risultano reperibili solo 60 massime, nel successivo ventennio il numero di pronunce pubblicate giunge a 284, con un incremento percentuale tra i due periodi considerati di ben il 373 per cento. Appare significativo anche il consistente aumento registrato negli ultimi anni di sentenze decise dalla Corte di Cassazione in tema di malpractice medica, tanto che il numero di casi giudicati (82) negli ultimi 4 anni (2008/2011) è pressoché pari a quello delle controversie decise nell’ultimo decennio degli anni ’90 (1991/2000).
Come si è detto, nell’opinione pubblica da tempo è diffuso un sentimento di diffidenza e talora di ostilità nei confronti degli operatori sanitari, nella falsa convinzione che la medicina sia onnipotente e che, per tale motivo, un risultato sfavorevole delle cure mediche sia sempre riconducibile a loro inappropriato comportamento oppure ad inadeguatezza di funzionamento delle strutture assistenziali. Su questa base la diffusione di notizie, spesso amplificate, inerenti casi di malasanità o di presunta malasanità, nonché il proliferare della promozione e del sostegno al risarcimento dei danni da eventi avversi comunque connessi con trattamenti medici, hanno portato a un incremento vertiginoso di procedimenti penali e civili intentati nei confronti degli operatori sanitari, attivando lunghe vicende giudiziarie con notevole impegno della Magistratura.
Spesso la denuncia penale è preliminare all’azione risarcitoria e, anche se il contenzioso in molti casi si conclude con formule assolutorie, gli operatori sanitari subiscono comunque un danno alla propria immagine professionale e sono costretti ad affrontare ingenti spese per i giudizi. Tale fenomeno accresce la spirale di scadimento del rapporto medico-paziente e alimenta la diffusione della medicina difensiva strutturata sulla prescrizione da parte dei medici di esami diagnostici, farmaci e ricoveri anche quando questi non occorrono, al solo scopo cautelativo di evitare addebiti di responsabilità professionale, con inevitabile impatto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale (SSN) e incremento ormai esponenziale dei costi assicurativi.
Quest’ultimo aspetto rappresenta, peraltro, un serio ostacolo alla pratica professionale dei giovani medici e operatori sanitari in genere, specie in quegli ambiti intrinsecamente a maggior rischio di danno al paziente, tanto che alcune branche specialistiche non sono più ambite nelle scelte professionali, con preoccupante depauperamento di risorse e disponibilità assistenziali.
Molti medici trovano grandi difficoltà nel reperimento delle coperture di polizze per responsabilità civile da parte delle compagnie assicurative, sempre più restie a operare in questo settore e sempre più inclini ad atteggiamenti vessatori nei loro confronti. Basti pensare, in proposito, all’automaticità della disdetta di polizze per effetto della semplice denuncia di richiesta risarcitoria anche infondata, agli aumenti esorbitanti dei costi di copertura, alle incertezze di garanzie connesse con il sistema della claims made.
Di fronte a siffatti fenomeni lo Stato non può rimanere inerte, passivamente assistendo ad un progressivo degrado della qualità delle prestazioni mediche proprio in relazione a forti condizionamenti della segnalata medicina difensiva, che non solo incrementa i costi della medicina pubblica, ma allunga inesorabilmente le liste di attesa. Gli effetti di una situazione non governata sono duplici: da una parte si sprecano risorse da destinare alla cura, dall’altra si mette pericolosamente a rischio la tenuta dei bilanci delle aziende sanitarie.
In tale contesto il DDL 1648 -Norme per la tutela della salute, per la disciplina del rischio clinico e della responsabilità professionale medica- del quale sono proponente e primo firmatario, prevede una serie di interventi che appaiono indispensabili per affrontare adeguatamente la gestione del rischio clinico. La presenza di un modello organizzativo all’interno delle strutture sanitarie con il compito di prevenire e gestire tale rischio rappresenta il migliore strumento per impedire gli eventi avversi da difetti di comportamento tecnico-professionale degli operatori sanitari, aumentando la sicurezza del paziente. La riconducibilità obbligatoria degli oneri risarcitori da responsabilità civile a carico della struttura sanitaria, con nuova definizione degli ambiti di responsabilità dell’operatore sanitario e delle azioni di rivalsa, consente inoltre agli operatori sanitari di agire in un clima di maggiore serenità assicurando migliore tutela della salute del paziente.Peraltro la proposta legislativa si salda con recenti interventi normativi finalizzati al contenimento dell’esposizione alla responsabilità da malpractice in sede primariamente penale, rappresentandone una diversificata estensione nel settore del ristoro civilistico del danno.I tempi non consentono ulteriori indugi per affrontare una realtà che mina serenità e qualità dell’esercizio pubblico della medicina, con eque garanzie di sicurezza per pazienti e sanitari.
Il DDL 1648 non comporta nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato. Tutte le procedure indicate sono infatti in parte già contemplate nell’attività assistenziale routinaria seppure non informatizzate, oppure modificano l’organizzazione di accoglienza con personale già esistente. Inoltre il disegno di legge, se approvato, porterebbe un elevato risparmio di finanza pubblica. Infatti il costo economico della malpracticeraggiunge i 2 miliardi di euro l’anno a cui vanno associati i costi legati al fenomeno della medicina difensiva ovvero dei ricoveri, delle indagini e dei trattamenti prescritti in eccesso dai medici ai loro pazienti allo scopo di evitare futuri rischi legali. Questa voce di spesa, secondo recenti studi (Dossier ANIA, luglio 2014), incide tra 10 e 13 miliardi l’anno. Miliardi che gravano interamente sul bilancio pubblico nazionale in quanto trasferimenti dello Stato al SSN. “
Queste le conclusioni del padrone di casa, il Prof. Gianfranco Merlino, che, in linea con le parole del Sen. Romano, ha sottolineato quanto sia necessario, per l’alto numero di criticità legato all’argomento, confrontarsi con spirito sereno e propositivo su una materia particolarmente delicata, che torna a riconsiderare il malato al centro del proprio interesse. “Magistrati, medici avvocati e assicuratori – sostiene il Prof. Merlino- devono quindi porsi intorno al “capezzale” di una riforma promossa dal Senatore Lucio Romano come correttivo di una serie di obiettive difficoltà che nel tempo hanno condizionato l’agire del medico terapeuta e di tutte le parti interessate. Ne consegue pertanto che medicina difensiva e responsabilità professionale si rispecchino con presunzione d innocenza e non di colpevolezza in un quotidiano percepito dai pazienti bisognosi di cure in modo piu’ rassicurante, equo e solidale con i propri interessi”.