Si è svolto in Regione Campania, nella sala G. Siani del Consiglio Regionale, al Centro Direzionale, il convegno Il valore del lavoro di cura non retribuito, organizzato dall’associazione nazionale Obiettivo Famiglia/Federcasalinghe, con l’obiettivo sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del lavoro di cura non retribuito, di riconoscerlo come qualifica professionale e retribuire adeguatamente la figura del caregiver familiare.

Hanno preso parte al convegno, con i loro interventi: Oliviero Gennaro (presidente Consiglio Regionale Campania), Valeria Ciarambino (vicepresidente Consiglio Regionale Campania), Federica Rossi Gasparrini (presidente Obiettivo Famiglia/Federcasalinghe), Gianni Rosas (direttore dell’Ufficio per l’Italia Organizzazione Internazionale del Lavoro – ILO), Chiara Tenerini (XI Commissione Lavoro Camera dei Deputati), Roberto Bafundi (direttore Coordinamento Metropolitano – INPS Napoli), Dominique Testa (presidente regionale Campania Obiettivo Famiglia/Federcasalinghe).

Un battaglia, quella del riconoscimento del lavoro di cura non retribuito e del caregiver che Federcasalinghe sta portando avanti da tempo ma che oggi trova un appoggio importantissimo nell’ILO, Agenzia Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite, che ha confermato con la sua presenza al convegno, l’impegno a continuare questa battaglia per la valorizzazione e il riconoscimento del lavoro di cura non retribuito che in Italia è attuato soprattutto dalle donne.

«La legge sta cercando di andare avanti e sul punto, come associazione Federcasalinghe saremo vigili – spiega Federica Rossi Gasparrini. Abbiamo consegnato all’on. Chiara Tenerini, un emendamento che sarà presentato in parlamento, inerente i fondi che la legge 493 del 1999 sugli infortuni domestici e la sicurezza della casa stanziava per supportare iniziative di corretta informazione di donne e uomini sui loro diritti. Questi fondi non sono stati ancora usati e basterebbe anche soltanto il 10% per garantire una campagna di informazione adeguata».

Federcasalinghe e ILO puntano molto sulla valorizzazione del lavoro di cura non retribuito perché è uno dei cardini della famiglia, della società ma anche dell’economia, in quanto chi svolge il lavoro di cura provvede anche a far crescere lavoratrici e lavoratori del futuro contribuendo al progresso del nostro Paese.

«C‘è stata una rivoluzione culturale su scala internazionale nell’ILO – racconta Gianni Rosas – perché si è deciso che a partire da adesso non si misurerà solo il lavoro che riceve come controprestazione una remunerazione, ma anche il lavoro di cura non retribuito. In tutti i suoi 187 Stati membri, l’ILO promuove l’adozione di strategie su scala nazionale per il riconoscimento di questo lavoro, puntando a ridurre e bilanciare le responsabilità di cura all’interno del nucleo familiare. L’Agenda internazionale guarda il lavoro di cura nel suo complesso, considerandolo come un settore che con un investimento minimo potrebbe produrre, da qui al 2030, oltre 2 milioni di nuovi posti di lavoro».

È una prospettiva ad ampissimo raggio che richiederà un adeguamento della normativa ma iniziare a parlarne è già un cambiamento culturale fondamentale.

«É una battaglia di dignità – afferma Chiara Tenerini – per tutte quelle persone che spendono la loro vita nel farsi carico degli impegni di tutta la rete familiare, sostituendosi allo Stato e dunque alleggerendo anche il carico economico. Per questo, in un’ottica di risparmio, potrebbe essere un percorso importante. Molte persone che si occupano di un familiare non autosufficiente, si trovano costrette ad abbandonare il proprio lavoro retribuito; di queste, la maggioranza sono donne. Bisogna cambiare questo paradigma».

Come Italia siamo molto indietro sulla figura del caregiver familiare: lo ha sancito anche l‘ONU che ha chiesto al nostro Paese di adeguare l’ordinamento giuridico nazionaleperché manca il riconoscimento dello status giuridico per questa figura.

«Per questa ragione – spiega Valeria Ciarambino – ho voluto depositare una proposta di legge alle camere, ai sensi dell’art 121 della Costituzione, perché nella costituzione italiana si parla di caregiver soltanto in riferimento al lavoratore dipendente e c’è la legge 104 a garantire un minimo di conciliazione tra lavoro e ruolo in famiglia. Nulla si dice e si riconosce a coloro che rinunciano alla propria vita lavorativa e sociale per dedicarsi al lavoro di cura. Con questa legge noi prevediamo una indennità per chi svolge il ruolo di caregiver a tempo pieno, l’accredito dei contributi figurativi ai fini pensionistici e che quella attività svolta diventi una competenza certificata».

 

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