27 Aprile 2024

Ad inaugurare Teatro Deconfiscato, alla Masseria Ferraioli ad Afragola, giovedì 7 Settembre, “Il Sulfamidico”, scritto e diretto da Giovanni Meola ed interpretato da Enrico Ottaviano.
Una storia di diritti umani, quelli negati ai più di 30.000 desaparecidos argentini vittime della dittatura militare
degli anni ‘70, spettacolo nato diversi anni fa con il patrocinio di Amnesty International Italia e dell’ambasciata argentina in Italia, oltre ad aver ricevuto diverse menzioni per la sua drammaturgia.

Enrico Ottaviano

La rassegna di teatro civile, ideata e diretta dallo stesso Meola, ad ingresso gratuito (ma con prenotazione obbligatoria), porta la prima volta il teatro in un bene confiscato alla camorra, in questo caso situato nel territorio comunale di Afragola, in provincia di Napoli.
IlMezzogiorno.info, media partner della rassegna, intervista Giovanni Meola.

A cosa ti sei ispirato per scrivere il testo dello spettacolo?
Alla scoperta tardiva, per molti, di un dramma come quello della dittatura che dal ’76 all’83 ha letteralmente distrutto un’intera generazione.
Per poi scoprire che la storia di quel subcontinente è stata caratterizzata da numerosi altri golpe militari e dittature, come quella coeva di Pinochet nel Cile degli stadi di calcio come enormi prigioni a cielo aperto. Nel ’78 i mondiali di calcio resero l’Argentina il centro del mondo ma tutti, davvero tutti, fecero
finta di niente proprio mentre a migliaia e migliaia venivano torturati ed eliminati.
Allo stesso tempo, per chi era bambino all’epoca, quei mondiali furono una festa.
Ecco, mi premeva raccontare di questo diaframma che cade, di questa distopia e di questa rivisitazione delle proprie sensazioni e dei propri ricordi sulla base di nuove conoscenze. Che è poi il cammino dell’uomo in genere, io credo: passare dalle tenebre alla luce attraverso la consocenza, per quanto questa possa ferire.

Quando hai scritto e deciso di mettere in scena “Il Sulfamidico”, hai pensato subito ad Enrico Ottaviano come interprete?
Enrico Ottaviano è un attore di enorme spessore, capace di lavorare su più registri e molto spesso abbiamo lavorato assieme. Mi viene naturale pensare a lui e alla sua versatilità e grazie all’intesa affinata in tante collaborazioni (sia a teatro che sul set) lui mi appare sempre decisamente adeguato alla scelta. È sempre una scelta reciproca, quella tra attore e regista, del resto.

Se dovessi descrivere lo spettacolo con tre aggettivi, quali sarebbero?
Risposta sempre difficile perché la sintesi per categorie non appartiene al teatro, a mio avviso, e non appartiene a me. Ma prendendola come un gioco, provo a rispondere anche se più che aggettivi mi vengono in mente tre sostantivi: conoscenza, disillusione e tenerezza.

Prima di ogni rappresentazione di questa seconda edizione di Teatro Deconfiscato, ospiti illustri faranno una chiacchierata con un giornalista sul valore della legalità, della lotta alle mafie e della loro esperienza in merito. Prima de “Il Sulfamidico”, interverrà il magistrato Catello Maresca, intervistato da Giuseppe Crimaldi de Il Mattino. Cosa ti aspetti da questo incontro e che valore ha secondo te parlare di questi temi in un bene confiscato alla camorra?
La conoscenza rende liberi. È sempre questo il target, l’obiettivo . Anche questa sezione di brevi incontri pre-spettacolo è stata pensata per far arrivare a quante più persone possibile una serie di informazioni e sensazioni che permettano loro di ampliare conoscenza e capacità di analisi. A tutto quello che indichi nella domanda aggiungo però un’altra, fondamentalissima, cosa.
Cosa può scaturire dall’incontro dello storytelling su legalità e contrasto alle mafie con una cultura che non sia solo e soltanto intrattenimento? Ecco, a questo sono curioso di sapere come risponderanno i nostri ospiti perché anche dalle loro risposte potranno scaturire, nelle menti di chi avrà voglia e piacere di stare con noi, nuove idee, nuovi pensieri, nuovi comportamenti. Sono semi.

 

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